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Osservatore Vaticano: a Messa la retorica CEI sui Migranti. Ma non tiene.

Osservatore Vaticano: a Messa la retorica CEI sui Migranti. Ma non tiene.

Ieri l’altro,  29 settembre, sono andato a messa e nel foglietto <La Domenica> edito dalla CEI, nell’ultima pagina, il retro del manifestino, che riporta le letture e un commento finale, intitolato: <105ma giornata mondiale del migrante  e del rifugiato>, il commento era titolato così: <CHE NON SI TRATTI SOLO DI MIGRANTI?>, ed era a firma del “Direttore generale Migrantes” ( don Giovanni DeRobertis ). Consentimi un commento. 

“Con l’usurato metodo teso a stimolare commozione, il Direttore generale Migrantes ci racconta che nel 1989  morì a Roma di freddo un “senza fissa dimora”, creando indignazione generale. Questo inverno ne son morti dodici, nell’indifferenza generale. Stiamo chiudendo i nostri cuori, oltre che i porti ? (si chiede astutamente il “Direttore Generale” – sempre più direttore generale di qualcosa e sempre meno sacerdote di anime…).

Bene, giochiamo pure a questo gioco. Chi ne è responsabile, chi ha sulla coscienza questi 12 morti di freddo? Salvini? Noi? O chi li ha fatti venire illudendoli e poi abbandonandoli? Vede signor Direttore Generale di Migrantes, ormai nessuno (tranne chi è costretto a farlo) crede più alla storia dei migranti per guerre e fame.

Lo stesso suo padrone Spadaro ci spiega che è per fare meticciato. Ma senza le spiegazioni di Spadaro, ci spieghi lei perché i migranti son quasi tutti giovani e forti; ci spieghi chi paga il loro viaggio, cosa si aspettano di trovare qui, di chi sono le ONG che li trasportano, quanto guadagnano,  ecc.

Le pare poi che siano mal accolti? Son trattati molto meglio dei nostri derelitti, da voi ignorati.

Ma risponda anche a questo: quanti migranti alloggiano nei lussuoso palazzi della Santa Sede, in Vaticano o altrove? Chi sono i ricchi Epuloni, noi o voi?

E’  vero siamo diventati diffidenti, insensibili, ma ciò è avvenuto anche  per colpa vostra. Non so lei, signor Direttore Generale, ma molti suoi colleghi ci pare  vivano  come ricchi Epuloni, e meglio che non le dica quello che pensano dei migranti ….

Ma voi pensate piuttosto se non sembrate  aver fallito  nella vostra missione di evangelizzazione: state trasformando la fede cattolica in una forma di etica socialmente utile. Persa la fede, caro signor Direttore generale, rischiate di  far male tutto, e di far del male a tutti.  Faccia gli esercizi spirituali ignaziani, prima di dare lezioni di etica sociale”.

Tratto da: Stilum Curiae di Marco Tosatti.

1 Ottobre 2019 Pubblicato da wp_7512482 37 Commenti —

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Sorpresa! Ecco quali sono i Paesi che hanno alzato muri. In Primis c’è il Vaticano (vedi foto), poi i Paesi europei (che predicano a noi) e quelli che esportano migranti. Solo l’Italia non ne ha…

Sorpresa! Ecco quali sono i Paesi che hanno alzato muri. In Primis c’è il Vaticano (vedi foto), poi i Paesi europei (che predicano a noi) e quelli che esportano migranti. Solo l’Italia non ne ha…

Diceva Totò che ci sono le cose vere e quelle supposte. Spesso i media dimenticano le cose vere per usare le seconde – le (cose) supposte – contro i propri avversari politici.

E’ il caso dei “muri” , ovvero le barriere (rafforzate) di confine fra gli stati. I media sono interessati solo a due muri, quello che Donald Trump  vuole costruire sul confine messicano e quello che Matteo Salvini ha ipotizzato per la frontiera con la Slovenia.

Sono due muri che non esistono al momento, eppure sono al centro delle polemiche. Poi ci sono i muri veri, ma quelli non attirano l’attenzione dei media. Perché non si possono usare per propaganda.

Per esempio, si polemizza contro il muro che Trump vorrebbe costruire, tuttavia non si considera il muro, fra Usa e Messico, che è già stato costruito dai predecessori di Trump.

Forse perché fra loro c’è il democratico Bill Clinton ? O dispiace ricordare che fra i senatori che nel 2006 votarono per il rafforzamento di quel muro c’erano anche Hillary Clinton  e Barack Obama?

Elisabeth Vallet, docente di Geografia all’Università del Québec, a Montreal, ha fatto uno studio sui muri: sono circa settanta, più altri sette in preparazione. La prima sorpresa è questa: non si tratta perlopiù di muri dell’egoista Occidente ricco  per lasciare fuori i poveri, come Bergoglio va dicendo.

Infatti in gran parte sono muri che dividono stati asiatici e africani. Muri di cui finora pochissimo si è parlato come quello fra India e Bangladesh, quelli fra gli stati sudafricani o quelli fra Algeria e Libia e fra Tunisia e Libia o fra Kenia e Somalia.

Mentre l’Italia è attaccata da tutti perché difende la sua frontiera marina dall’immigrazione irregolare proveniente dalla Libia, altri paesi africani alzano muri al confine con la Libia e nessuno dice nulla.

E i muri che gli altri paesi islamici hanno costruito attorno a Siria e Iraq ? Quelli di MaroccoTurchiaArabia Saudita, IranEgittoCina  o Birmania? Quelli di Pakistan e India?

Una cosa singolare è questa: diversi paesi da cui arrivano a noi immigrati irregolari, proteggono i loro confini con i muri. Ma a noi non è permesso.

Ieri il “Corriere della sera” ha pubblicato la cartina di questi muri: l’Europa ha pochi chilometri di “barriere”, ma ce ne sono dovunque eccetto l’Italia. Eppure è l’Italia a essere bastonata.

Ci sono muri, costruiti o progettati, a certi confini di Austria, Francia, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Danimarca, Gran Bretagna, Spagna, Estonia, Lettonia, Lituania, Svezia. E nessuno dice nulla. Però appena Salvini ipotizza una barriera con la Slovenia per controllare il flusso di irregolari scoppia il finimondo.

Nella cartina del “Corriere”, che riflette lo studio della Vallet, manca però un muro: quello che separa lo Stato della Città del Vaticano dall’Italia.

Altissime mura che impediscono a chiunque di entrare nello Stato di cui Bergoglio è teocrate assoluto. E’ il muro di confine più efficace e insuperabile fra tutti.

Però il Capo di stato (assoluto) del Vaticano tuona continuamente pretendendo che gli altri stati (in primis l’Italia) aprano le loro frontiere a un fiume in piena di migranti.

Venerdì un incredibile articolo dell’Osservatore romano affermava “senza equivoci” che “quando si tratta della povertà e della disuguaglianza non vale il limite delle acque territoriali o della zona Sar di competenza”.

Il giornale vaticano poneva poi una domanda retorica che lascia esterrefatti (la cui risposta è per loro scontata):

Esiste o no – in presenza di macroscopiche asimmetrie nella garanzia dei fondamentali diritti economici e sociali – un diritto a forzare la condivisione o anche semplicemente a cercare condizioni e risorse per una vita migliore, entrando con ogni mezzo in altri paesi anche quando non ricorrono le condizioni richieste per lo status di rifugiato?

La risposta è: no. Sia per la legge che per il magistero di sempre della Chiesa (del tutto diverso da quello bergogliano).

Ad ogni modo se nel Vaticano di Bergoglio ritengono che esista “un diritto a forzare la condivisione… entrando con ogni mezzo in altri paesi” non resta – agli immigrati – che entrare “con ogni mezzo” in Vaticano e “forzare la condivisione” di tanti palazzi che potrebbero utilmente ospitarli. Compreso l’Hotel Santa Marta dove sta Bergoglio.

C’è poi tutta una retorica sentimentale sui “muri” che a sproposito evoca il famigerato “Muro di Berlino” come prototipo  (talvolta sono intellettuali che furono comunisti a fare questo autogol). Ma non c’entra nulla.

Infatti i muri costruiti per impedire alla propria gente di scappare (è appunto il caso del muro di Berlino) sono l’esatto opposto dei muri che servono per governare e regolamentare gli ingressi, anche per questioni di ordine pubblico e per motivi economici (sono sempre esistite le frontiere fra gli Stati).

I primi sono i muri di una prigione e caratterizzano i regimi comunisti che considerano i propri cittadini come schiavi.

I secondi connotano ogni tipo di Stato normale, il quale esiste solo se e finché ha il governo del proprio territorio: uno stato in cui entrano e scorrazzano, a proprio arbitrio, masse incontrollate di persone che arrivano da fuori non è più uno stato. E’ una terra di conquista destinata allo sfacelo.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 8 luglio 2019

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Attaccano pure la Pentecoste: comizio nelle chiese per i migranti invece che testimoni della Resurrezione.

Attaccano pure la Pentecoste: comizio nelle chiese per i migranti invece che testimoni della Resurrezione.

“Servire i poveri è nel Vangelo, non è comunismo”, ha detto ieri papa Bergoglio per rispondere ai suoi critici. Dimenticando di dire che il comunismo è stato il peggior nemico dei poveri. E dimenticando che nel Vangelo c’è scritto che anzitutto bisogna servire Dio.

Gesù non vara un partito, non si occupa di elezioni e di politica, ma del Regno dei Cieli. Dei poveri Cristo parla in modo diametralmente opposto a Marx e Lenin, che non a caso detestavano il cristianesimo. Il magistero bergogliano è confusionario e genera confusione.

Secondo una ricerca della Doxa negli ultimi cinque anni, che corrispondono al pontificato di Francesco, il numero di fedeli cattolici in Italia è crollato di quasi otto punti percentuali (il 7,7 per cento).

Ma papa Bergoglio non sembra preoccupato di questa catastrofe spirituale (anzi, continua a colpire duramente gli ordini religiosi più ferventi e con più vocazioni cosicché si aggraverà tale crollo).

Ciò che lo preoccupa sembra essere il crollo del numero di migranti da quando al Viminale è arrivato Matteo Salvini , il quale peraltro sottolinea che la fine delle partenze dei barconi, significa il quasi azzeramento del numero di morti nel Mediterraneo.

Per Bergoglio i migranti rappresentano una specie di dogma di una nuova religione sociale, modello Teologia della liberazione. Con lui il cattolicesimo pare progressivamente sostituito da una religione globalista, comunisteggiante, tutta mondana, politically correct, non soprannaturale, tanto che nei giorni scorsi (sul tema dei rom) Bergoglio ha meritato addirittura un tweet di entusiastico appoggio da George Soros  in persona.

C’è chi lo ha definito “il Vescovo di Rom” , anziché “il Vescovo di Roma”. Ma anche “Vescovo di Romadan”.

Infatti i musulmani sono così felici di questo smantellamento del cattolicesimo  che gli hanno dedicato il Ramadam. Cito da “Vatican news” un titolo eloquente: “La festa di fine Ramadan, in Italia, per la prima volta dedicata a papa Francesco”.

Bergoglio raccoglie dunque il plauso di laicisti, islamici, comunisti, atei, miscredenti e mangiapreti. Mentre i cattolici, sconcertati, sempre più spesso decidono di avversare pubblicamente la politica bergogliana proprio sul suo dogma fondamentale: l’immigrazione.

E’ accaduto, in Italia, con le  elezioni europee del 26 maggio, per le quali papa Bergoglio  si era così ostinatamente schierato contro Matteo Salvini da essere indicato dalla Sinistra come suo simbolo e leader.

Proprio in queste elezioni si è avuto il boom del voto cattolico per la Lega che oggi – secondo i dati di Ilvo Diamanti (pubblicati ieri da “Repubblica”) – è il primo partito dei cattolici italiani. E il loro consenso a Salvini è cresciuto enormemente negli ultimi mesi, in concomitanza con la sua demonizzazione da parte dei media bergogliani.

Lo scontro interno alla Chiesa riemerge in queste ore per una vicenda surreale. E’ noto che con Bergoglio il Natale, più che l’Incarnazione di Dio, è diventato la festa del “Gesù migrante” (mai stato migrante). La Pasqua, più che la resurrezione di Cristo, celebra oggi la pace nel mondo e l’accoglienza del migrante.

Adesso Bergoglio, indispettito per la cocente sconfitta subita nelle urne, sembra usare a scopo politico anche la festa di Pentecoste che si celebra oggi. Pare impossibile strumentalizzare a fini politici la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e su Maria, nel cenacolo di Gerusalemme, una festa che rimanda al mistero di Dio e all’eternità. Eppure lo fanno.

I vescovi del Lazio – su ovvia spinta di Bergoglio – hanno preso a pretesto la Pentecoste per scrivere una “Lettera ai fedeli”, da proclamare oggi in tutte le chiese della regione, proprio sull’accoglienza ai migranti.

Per capirne il tono riporto il titolo che ha fatto “La Bussola quotidiana”  (un sito cattolico non allineato): “Proclama immigrazionista a messa, preti laziali coscritti”.

Il sito definisce tale lettera “politicamente strumentale e quindi illegittima. Molti preti si interrogano se disubbidire a una violazione del genere: ‘Ho dato la vita per Cristo, non per un partito’ ”.

Più avanti la “Bussola” (che peraltro non ha simpatie leghiste) lo giudica “un documento veramente singolare, che sembra collocarsi a metà strada fra una forma di autolesionismo e l’ingerenza partitica”.

Il commentatore Marco Tosatti scrive ancora: “Sembra che molti parroci abbiano il buon senso di non leggere questo manifesto pro PD  nel corso della messa. Anche perché correrebbero il rischio di avere dei fedeli che si alzano in piedi e ricordano loro che in chiesa non si fa politica, e non si leggono documenti partitici”.

In effetti sull’account Twitter della diocesi di Roma, dove viene lanciata l’iniziativa, i commenti sono indignati. Uno è lapidario: “Documento squisitamente politico”.

Beatrice Leoni commenta: “Speravo fosse una notizia ‘esagerata’, al limite che la lettera esistesse, ma non (ci fosse) l’intenzione di leggerla durante le Messe.Per quanto mi riguarda mi alzerò ed uscirò alla lettura della citata lettera. A quanto pare non basta il Vangelo, ma il di più, si sa, viene dal Maligno”.

Antonio commenta sconsolato che “hanno snaturato anche la Pentecoste”. Una certa Piperita Patti conclude: “questo papa è eretico”  (sull’account della Diocesi di Roma).

Fabrizio Brasili ricorda l’insegnamento di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, del tutto diverso dall’attuale.

Cristina chiede ironicamente ai vescovi: “L’incoraggiamento a pregare, a evangelizzare e a non peccare l’avete poi messo nell’allegato?”

Maria scrive: “Prima fate stare bene quelli di famiglia nostra, quelli che vivono nelle macchine, quelli che non hanno lavoro, quelli che non vengono assistiti. Poi potremo volgere lo sguardo allo straniero che ha documenti, che voglia lavorare, che non stupra, non uccide e rispetta le leggi”.

Un certo “Trovo lavoro” è drastico: “Buffoni. Fondate un partito piuttosto. Così vi contiamo”. Memedesima scrive sconsolata: “Ma dobbiamo andare a messa fuori dal Lazio per non sentire strumentalizzazioni politiche? Ma cosa sta succedendo alla Chiesa?

Sangarre invita i vescovi a meditare “seriamente” sul Vangelo: “Siete immersi nel mondo caduco e transeunte tanto da non rendervi nemmeno più conto di chi parli davvero la Scrittura. E a chi”.

Zot scrive ai vescovi: “Direi che siete solo un filino eretici”. Poi riporta una pagina di Giovanni Paolo II, che definisce “vero papa”, il quale rimandava “alle autorità pubbliche” il “controllo dei flussi migratori”. Papa Wojtyla scriveva: “L’accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi  e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi”.

Luca cita il cardinale africano Robert Sarah e scrive: “Il card. Sarah sostiene la lettura fedele delle Sacre Scritture: ‘Dio non vuole le migrazioni… Non possiamo accogliere i migranti in occidente, le persone vanno aiutate nei loro paesi’”.

Un altro richiama il Catechismo: “L’appello all’accoglienza e all’immigrazionismo viola il Catechismo  secondo cui i pastori della Chiesa non possono intervenire direttamente nell’azione politica e nell’organizzazione della vita sociale”.

In effetti il n. 2442 del Catechismo che egli riporta recita: “Non spetta ai pastori intervenire direttamente nell’azione politica e nell’organizzazione della vita sociale. Questo compito fa parte della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria iniziativa insieme con i loro concittadini”.

Lucilla chiede: “è possibile parlarci di Cristo e lasciare fuori della Messa la politica?”. Un altro aggiunge: “State distruggendo un’eredità millenaria di spiritualità”. Cicnus spera “che Dio abbia pietà” di questi pastori e prega “per la loro conversione”.

Anna Rota osserva:“Che tristezza una Chiesa ridotta ad una Onlus… Il Cielo non perdonerà questa blasfemia”.

E Lorenzo Stecchetti: “Anche la solennità di Pentecoste è occasione per voi per fare politica, anziché parlare di Cristo. Vergognatevi”.

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Antonio Socci

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Da “Libero”, 9 giugno 2019

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Accoglienza dei migranti. I vescovi del Lazio all’attacco.

Accoglienza dei migranti. I vescovi del Lazio all’attacco.

Di Aldo Maria Valli

Cari amici di Duc in altum, sono venuto in possesso di un documento dei vescovi del Lazio che dovrà essere letto nelle chiese durante le Sante Messe di domenica prossima, in occasione della Pentecoste. Ve lo propongo qui in anteprima perché possiate farvene un’idea.

Da alcuni commenti che ho raccolto fra preti di Roma il documento suscita più di una perplessità. Uno di loro, dopo averlo ricevuto dal vescovo di zona (che ha precisato che il testo è stato “approvato oralmente” dal papa), ha commentato: “In quanto sacerdote in cura d’anime mi trovo in forte difficoltà a diffonderlo, perché è un documento di contenuto politico ed io, leggendolo davanti ai fedeli riuniti per la Santa Messa, mi troverei a servizio di uno schieramento politico, mentre ho dato la vita per il Signore, non per un partito”.

Ed ecco un altro commento: “Da anni siamo inondati da messaggi papali ed episcopali per varie Giornate nazionali e internazionali, a somiglianza di quelle proposte da Onu e affini. Ora che si riduca anche la Pentecoste a occasione di tal genere mi sembra inammissibile, tanto più che il messaggio dei vescovi del Lazio è politicamente strumentale e quindi illegittimo”.

 Infine un terzo sacerdote afferma: “La dottrina cattolica ha sempre insegnato che esiste un ordo amoris, un ordine da dare all’esercizio del proprio amore. Un ordine che si può riassumere nell’espressione ‘prima i vicini e poi i lontani’, come sa bene qualunque padre o madre di famiglia, chiamati a occuparsi prima dei loro figli e poi eventualmente di quelli degli altri. Il comandamento evangelico dell’amore dice sì che bisogna amare tutti, ma, poiché non è possibile aiutare tutti, si deve provvedere soprattutto a quelli che Dio ha legato più strettamente a noi, come si può intuire pensando alla natura stessa di alcune relazioni, come quelle familiari ma anche quelle di amicizia, culturali, nazionali. Il documento dei vescovi del Lazio appare invece viziato da una visione ideologica improntata a demagogia”.     

 Qui trovate il testo. Buona lettura.

A.M.V.

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Carissimi fedeli delle diocesi del Lazio, desideriamo offrirvi alcune riflessioni in occasione della solennità di Pentecoste che ci mostra l’icona dell’annunzio a Gerusalemme ascoltato in molte lingue; pensiamolo come il segno del pacifico e gioioso incontro fra i popoli che attualizza l’invito del Risorto ad annunciare la vita e l’amore.

Purtroppo nei mesi trascorsi le tensioni sociali all’interno dei nostri territori, legate alla crescita preoccupante delle povertà e delle disuguagliane, hanno raggiunto livelli preoccupanti. Desideriamo essere accanto a tutti coloro che vivono in condizioni di povertà: giovani, anziani, famiglie, diversamente abili, disagiati psichici, disoccupati e lavoratori precari, vittime delle tante dipendenze dei nostri tempi.

Sappiamo bene che in tutte queste dimensioni di sofferenza non c’è alcuna differenza: italiani o stranieri, tutti soffrono allo stesso modo. È proprio a costoro che va l’attenzione del cuore dei credenti e – vogliate crederlo – dell’opzione di fondo delle nostre preoccupazioni pastorali.

Vorremmo invitarvi ad una rinnovata presa di coscienza: ogni povero – da qualunque paese, cultura, etnia provenga – è un figlio di Dio. I bambini, i giovani, le famiglie, gli anziani da soccorrere non possono essere distinti in virtù di un “prima” o di un “dopo” sulla base dell’appartenenza nazionale.

Da certe affermazioni che appaiono come “di moda” potrebbero nascere germi di intolleranza e di razzismo che, in quanto discepoli del Risorto, dobbiamo poter respingere con forza. Chi è straniero è come noi, è un altro “noi”: l’altro è un dono. È questa la bellezza del Vangelo consegnatoci da Gesù: non permettiamo che nessuno possa scalfire questa granitica certezza.

Desideriamo invitarvi, pertanto, a proseguire il nostro cammino di comunità, credenti sia con la preghiera che con atteggiamenti di servizio nella testimonianza di una virtù che ha sempre caratterizzato il nostro Paese: l’accoglienza verso l’altro, soprattutto quando si trovi nel bisogno. Proviamo a vivere così la sfida dell’integrazione che l’ineluttabile fenomeno migratorio pone dinanzi al nostro cuore: non lasciamo che ci sovrasti una “paura che fa impazzire” come ha detto Papa Francesco, una paura che non coglie la realtà; riconosciamo che il male che attenta alla nostra sicurezza proviene di fatto da ogni parte e va combattuto attraverso la collaborazione di tutte le forze buone della società, sia italiane che straniere.

Le nostre Diocesi, attraverso i centri di ascolto della Caritas, e tante altre realtà di solidarietà e di prossimità, danno quotidianamente il proprio contributo per alleviare le situazioni dei poveri che bussano alla nostra porta accogliendo il loro disagio. Tanto è stato fatto e tanto ancora desideriamo fare, affinché l’accoglienza sia davvero la risposta ad una situazione complessa e non una soluzione di comodo (o peggio interessata). Desideriamo che tutte le nostre comunità – con spirito di discernimento – possano promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, respingendo accento e toni che negano i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dagli accordi internazionali e – soprattutto – originati dalla Parola evangelica.

Non intendiamo certo nascondere la presenza di molte problematiche legate al tema dell’accoglienza dei migranti, così come sappiamo di alcune istituzioni che pensavamo si occupassero di accoglienza, e che invece non hanno dato la testimonianza che ci si poteva aspettare. Desideriamo, tuttavia, ricordare che quando le norme diventano più rigide e restrittive e il riconoscimento dei diritti della persona è reso più complesso, aumentano esponenzialmente le situazioni difficili, la presenza dei clandestini, le persone allo sbando e si configura il rischio dell’aumento di situazioni illegali e di insicurezza sociale.

Pertanto, carissime sorelle e carissimi fratelli, sentiamo il dovere di rivolgere a tutti voi un appello accorato affinché nelle nostre comunità non abbia alcun diritto la cultura dello scarto e del rifiuto, ma si affermi una cultura “nuova” fatta di incontro, di ricerca solidale del bene comune, di custodia dei beni della terra, di lotta condivisa alla povertà. Invochiamo per tutti noi il dono incessante dello Spirito, che converta i nostri cuori per renderli solleciti nel testimoniare un’accoglienza profondamente evangelica e la gioia della fraternità, frutto concreto della Pentecoste.

I Vescovi della Diocesi del Lazio

9 giugno 2019, Solennità di Pentecoste

 

Fonte: Aldomariavalli.it

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La Chiesa sta sprofondando, ma il Vaticano lancia la Crociata contro Salvini

La Chiesa sta sprofondando, ma il Vaticano lancia la Crociata contro Salvini

di Antonio Socci

Ma che sta succedendo nella Chiesa cattolica? La situazione non è solo catastrofica: è anche assurda. Infatti la realtà parla di chiese che si svuotano drammaticamente in Occidente e di un Oriente dove i cristiani sono duramente perseguitati.

La realtà parla di sparizione dei tradizionali movimenti cattolici, di scontri interni alla Curia, di continui scandali e di enorme confusione fra i fedeli per le trovate rivoluzionarie di papa Bergoglio (che nei giorni scorsi ha pure “dimenticato” il dogma dell’ Immacolata Concezione).

Ma di tutto questo gli ecclesiastici non si occupano e non si preoccupano. Ai pastori non interessano le pecore che si stanno smarrendo e disperdendo.

La casta ecclesiastica è tutta presa dalla politica. È una vera febbre. Già questo è surreale, ma non basta. Infatti non vogliono portare nella politica la «dottrina sociale» della Chiesa o i «principi non negoziabili», come si potrebbe credere. Seguendo il verbo bergogliano hanno un solo tema teologico-politico da affermare con piglio fondamentalista: i migranti.

Dunque i migranti ormai sono diventati la loro bandiera ideologica da sventolare, ma anche, addirittura, una sorta di soggetto messianico con cui ribaltare l’ annuncio cristiano, perfino nel presepio: come se gli angeli avessero annunciato ai pastori l’ arrivo del «migrante Gesù», anziché la nascita del Figlio di Dio.

Secondo il sentire comune della gente, gli ecclesiastici ormai si occupano solo di migranti, solo di loro parlano. E in effetti le gerarchie clericali si tuffano in politica con il preciso intento di fare la guerra a Salvini: è lui il Satana a cui gridare «Vade retro!», come proclamò la nota copertina di °Famiglia cristiana°.

Proprio lui, che pure ha pubblicamente dichiarato di voler difendere le nostre radici cristiane, è il Male contro cui il mondo clericale si mobilita e si scatena.

Ieri Salvini, dall’ Abruzzo, ha risposto: «Sono un peccatore, ma non fesso. Quest’ anno invece che 120 mila, ne sono arrivati solo 20 mila: 100 mila in meno, con un miliardo di risparmio, molti morti in meno e molti reati in meno».

Significa che il vicepremier non demorde e non vuole che l’ Italia torni ad essere il campo profughi d’ Europa e d’ Africa. La maggioranza degli italiani e dei cattolici la pensa come lui.

Proprio per questo ormai è continua la “chiamata” all’ impegno politico contro Salvini, da parte dell’ establishment bergogliano. Rispondono “presente” i giornali clericali, la Cei e – sia pure flebilmente – le associazioni cattoliche (o quello che ne è rimasto).

Ieri perfino l’ ex presidente della Cei (oggi presidente dei vescovi europei), il cardinal Bagnasco, arcivescovo di Genova, che finora era considerato uno dei pochi rimasti in linea con il magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, si è schierato e si è guadagnato il titolo con cui La Stampa ha aperto la prima pagina: «”Obiezione di coscienza”. La mossa della Chiesa contro il decreto sicurezza». Il riferimento era proprio all’ arcivescovo di Genova: «La carica la suona il cardinale Bagnasco» che – secondo il giornale torinese – «schiera la Chiesa sul decreto sicurezza: “Sì all’ obiezione di coscienza”».

La Ue non si critica – Sul caso “migranti della Sea Watch” è intervenuto pure mons. Guerino Di Tora, presidente della commissione per le migrazioni della Cei, che ha tuonato: «Chi si tira indietro non ha la coscienza a posto».

Anche l’ arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, tuona invitando a non «rimanere in silenzio dinnanzi ai disumani decreti che aggravano la sofferenza di chi è vessato da povertà e guerra».

Non risulta si siano viste le stesse mobilitazioni, né così aspre denunce della chiesa bergogliana, negli ultimi sei anni in cui, grazie all’ euro, alle politiche della Ue e ai governi italiani allineati ad essa, da noi sono esplose la povertà e la disoccupazione (con migliaia e migliaia di aziende chiuse).

Né si ricordano mobilitazioni papali e parole di fuoco in favore delle popolazioni terremotate e dei loro inverni al freddo. Sono solo due esempi (si potrebbero aggiungere la legge sulle unioni civili e altre trovate dei precedenti governi che avrebbero dovuto far reagire la Chiesa).

Nelle (tante) invettive politiche ecclesiastiche non si trova mai la critica all’ Unione Europea, anzi: proprio la Ue (da non confondere con l’ Europa che è tutt’ altra cosa) sembra sia diventata l’ ancora di salvezza politica di questa gerarchia clericale. Proprio questa Unione Europea che è diventata la realtà politica più laicista e anticristiana dell’ Occidente. I clericali ne parlano con gli stessi argomenti entusiasti di Emma Bonino.

Quello che però sconcerta la casta ecclesiastica è il fatto che il popolo cattolico non li segua. Anzi, sembra fare la scelta opposta, dando la sua preferenza maggioritaria alla Lega e ad altri gruppi sovranisti.

I cattolici, sia quelli più praticanti, che quelli meno praticanti, preferiscono rifarsi a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI, cioè al tradizionale insegnamento cattolico, piuttosto che alle “rivoluzioni” bergogliane.

Perciò il disappunto nell’ élite clericale è palpabile. Sono generali senza esercito. Lo si percepisce in queste parole di padre Antonio Spadaro, che è lo stratega di papa Bergoglio: «Non basta più formare i giardini delle élite e discutere al caldo dei “caminetti” degli illuminati. Non bastano più le accolte di anime belle… Facciamo discorsi ragionevoli e illuminati, ma la gente è altrove».

In effetti la gente è altrove, i cattolici dissentono dalla gerarchia bergogliana, applaudendo Salvini. Anche se papa Bergoglio li bastona proclamando che è meglio essere atei che essere cattolici che rifiutano l’ invasione migratoria (oltretutto islamica, dunque assai poco integrabile).

I fedeli cattolici (con tutti gli altri) percepiscono, sulla propria pelle, che questo scombussolamento di popoli che entusiasma le élite (anche delle Nazioni Unite), è devastante sia per i Paesi di arrivo che per i Paesi di partenza (la pensano così anche i vescovi africani).

Dunque padre Spadaro vorrebbe riportare “in linea” la gente che è altrove. Così nei giorni scorsi ha preso la parola per vergare una sorta di Manifesto politico, pubblicandolo sulla rivista dei gesuiti. Se il Decalogo dato da Dio a Mosè sul Sinai è chiamato «le dieci parole», padre Spadaro ha voluto far di meglio: a lui bastano «Sette parole per il 2019» per illuminare le genti (così spera).

Purtroppo però sono parole già sentite e risentite, da anni, in qualunque intervento di esponenti del Pd e nei quotidiani articoli di Repubblica: la paura, le migrazioni, l’ Europa, il populismo, la democrazia…

La sensazione è che tutto questo tuonare poi non porti alla formazione di una lista cattolica alle elezioni europee, perché contarsi sarebbe molto controproducente. I più ritengono che tutto si risolverà in un appoggio ecclesiastico al Partito democratico, ancor meglio se guidato da Zingaretti, perché – si dice oltretevere – gli ecclesiastici dell’ epoca bergogliana si trovano meglio con i post comunisti che con Renzi.

di Antonio Socci

Pubblicato domenica, 06 gennaio 2019 ‐ Libero Quotidiano

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Noi e gli Altri

Noi e gli Altri

Questa lettera indirizzata all’Onorevole Giuseppe Civati del Pd, da un cittadino italiano emigrato in Svizzera nel 1972, dovrebbe essere letta e meditata da tutti coloro che si riempiono la bocca di accoglienza buonista.

 “On. Giuseppe Civati, chi Le scrive è un emigrante, 43 anni in Svizzera, Zurigo, dall’età di 18 anni. Nel 2019 avrò 65 anni, ma ricordo molto bene quell’anno: Settembre 1972,  avevo da poco compiuto 18 anni.

Arrivati a Zurigo dopo un viaggio di 20 ore, treno diretto Lecce-Zurigo. Il treno era pieno di emigranti, giovani come me e non trovammo il Comitato d’accoglienza, cittadini svizzeri con caffè caldo e biscotti e con borse d’indumenti, e i regali per i “Gastarbeiter”, tradotto: ospiti – lavoratori, ma la “Fremdpolizei”, polizia per gli stranieri, che gentilmente ai nuovi arrivati domandavano in perfetto italiano:

1:Biglietto da dove è partito.

2:Contratto di lavoro.

3:Indirizzo dove risiedere fino al 18 dicembre: (scadenza del contratto…).

4:Ci pregarono di presentarci a Kloten, aeroporto di Zurigo, per la: Gesundheiten KontroII, controllo dello stato di salute, dove una volta passato il controllo, se eri in salute ottimale veniva messo il visto sul Contratto di lavoro: Gesund Bestedigt, stato di salute ottimale, può lavorare; se non lo superavi, veniva messo il visto: Nicht Bestedigt, stato di salute non ottimale e il venerdì successivo venivi accompagnato sullo stesso treno e partivi con un biglietto di ritorno per l’Italia!  Ha notato la differenza?!…Noi, emerito Onorevole Civati, siamo emigranti e non migranti! Eravamo, siamo stati e siamo una ricchezza economica e finanziaria,  non un onere per l’Italia come i vostri ”MIGRANTI” di 5 miliardi di €uro! In Svizzera da oltre 75 anni, ma per lavorare! con la richiesta fatta da un accordo bilaterale tra i Paesi Svizzera e Italia!…Con la richiesta di manodopera per lavorare, con un contratto di lavoro legale! Permesso, legale! Noi siamo stati il 35% del Pil italiano per 30 anni!  A tanto corrispondevano le Entrate in Italia! 890.000 emigranti, ogni fottutissimo mese mandavamo il denaro in Italia, una marea di denaro…solo a Zurigo e Kantone eravamo 150.000 italiani. Vada nei Registri a Berna e domandi quanti emigranti italiani in 75 anni si sono macchiati di crimini verso le cittadine e i cittadini svizzeri, verso il paese elvetico, con stupri, assassinii, rapine, borseggi e forme varie di accattonaggio, …piuttosto morivano di fame, ma sempre con la dignità di italiani!

Anche noi, caro Onorevole Civati, abbiamo avuto i nostri morti e tanti, molti, non ce l’hanno fatta, sono morti giovani…avrebbero la mia stessa età! Tanti, purtroppo non riposano nel paese natio, in Italia, ma qui in Svizzera, e senza polemiche, senza notizie sui media e giornali italiani o dibattiti idioti in Tv (Vedi La 7 – 8 – 9 ); ma solo un’anonima tomba con su una croce, nome e cognome e data della morte “Gestorben Wegen Arbeiten UnfaII”: morto sul posto di lavoro.

Il prossimo anno, avrò 65 anni ed avrò la pensione svizzera, ma sempre italiano! orgogliosamente italiano… ma deluso di avere come rappresentanti dei politici ipocriti, falsi, e soprattutto che non si  preoccupano degli italiani. Voi che vi reputate Partito Democratico di Sinistra, per i cittadini meno abbienti, per i poveri, per i pensionati…quanta falsità! In cinque anni di governo (non votato dagli italiani) , avete portato alla rovina l’Italia! Con un minchione al governo! Un bimbominchia che qui in Svizzera non lo avrebbero usato nemmeno per tenere ferme le porte del Palazzo Federale “BundenHaus” di Berna, perché non ha attributi!

Vi siete preoccupati più di questi opportunisti africani, avete riempito le città italiane di tanti giovani africani: un milione e 700.000 giovani…a far che? Elemosinare? Piantare pomodori? Al Raket della prostituzione? Rapine? Contrabbando e smercio della droga? Questi sarebbero i vostri migranti? A pagarli 35 €uro al giorno senza fare una beata minchia? Questi un domani dovrebbero  pagare le pensioni ai nostri giovani? Vergognatevi! Con la vostra ipocrisia e falsità state deturpando il ricordo degli emigranti veri italiani morti per questo Paese. Vergogna! Tenga duro signor Ministro Matteo Salvini! Lei sì che può definirsi con orgoglio italiano!

Firmato: Delfino Donato”.

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Sono ancora molto preoccupata.

Sono ancora molto preoccupata.

di Silvia Haia Antonucci

Le informazioni che arrivano tramite i mass media, sono molto diverse – per fortuna – ma il numero di facili e banali distorsioni della realtà che sembrano essere accettate dal pubblico acriticamente stanno aumentando a dismisura.

La mia sensazione è che la nostra società occidentale sia in pieno decadimento.
Purtroppo, se si guarda al passato, certi meccanismi sono sempre gli stessi: un impero / società nasce, si sviluppa e poi decade. Solitamente, purtroppo, il decadimento porta a un evento disastroso, di solito una guerra che distrugge la società esistente, seguita da un periodo “buio” e poi da una rinascita di un’altra società…

Il decadimento che riguarda la nostra società da molti anni ormai colpisce tutti i settori, nessuno escluso. Ma solitamente, i primi effetti devastanti si notano nel campo della cultura e dei valori.
Non è certo mia intenzione scrivere qui un trattato sociologico/filosofico, anche se moltissimo ci sarebbe da scrivere.

Quello che più mi preoccupa è la diffusa ignoranza – intesa proprio etimologicamente, quindi non sapere, non avere gli strumenti per capire – che, malgrado l’apparente facile accesso a scuole, università, master, notizie, informazioni, etc., dilaga ed è accettata senza che vi sia una qualche “autorità” che possa correggere gli errori. E’ proprio il concetto di “autorità” che non esiste più, inteso non come una dittatura, ma come un qualcosa che è riconosciuto, seguito, rispettato, che ha gli “strumenti” per costituire un esempio da seguire riconosciuto.
Mi riferisco al ruolo atavico di genitori, insegnanti, politici, etc., insomma tutti coloro che dovrebbero formare, indirizzare e dare l’esempio.

Invece, sempre più spesso, mi capita di cogliere discorsi di genitori che si lamentano per il fatto che i figli fanno tutto quello che vogliono e sono i genitori stessi a subire i loro comportamenti… Purtroppo, anche a causa del fatto che i genitori sono sempre più assenti (in genere per il lavoro che molto spesso è una effettiva necessità) e incapaci di gestire la fluidità attuale dei ruoli genitoriali – soprattutto da parte maschile – i figli non ne riconoscono più la loro giusta autorevolezza.

La scuola non riesce più a compiere la propria funzione di formazione e istruzione, con gli insegnanti che, ad esempio, se danno voti bassi a studenti che se li meritano, devono poi affrontare l’ira dei genitori che difendono a spada tratta e acriticamente i figli a parole e, a volte, anche con minacce e scontri fisici mentre, ad episodio accaduto, la “Legge” non è in grado di comminare allo studente e ai genitori la giusta punizione per il comportamento altamente scorretto, al fine di ricostituire l’autorità dell’insegnante che, invece, risulta irrimediabilmente compromessa…
Anche l’università dà il suo contributo a questo panorama – a parte eccezioni che esistono, ma stanno diventando purtroppo una minoranza –, infatti, non riesce a compiere il proprio ruolo, ovvero produrre la futura dirigenza del Paese. Tutti, o quasi, possono accedere all’università, stazionarvi come preferiscono – basta che i genitori continuino a pagare le rette – e a volte sono promossi perché, altrimenti, “quella cattedra” o “quella università” rischia di chiudere (sottolineo il fatto che, purtroppo, queste mie affermazioni si basano su fatti realmente accaduti di cui sono venuta a conoscenza dai diretti interessati). Il risultato è che coloro che vorrebbero formare la nostra classe dirigente sono sempre meno preparati e adeguati, quindi, di conseguenza, anche la classe dirigente spesso lo è e, ovviamente, a caduta, coloro che lavorano nei ruoli da essa dipendenti sono scelti in modo tale che non possano “oscurare” la dirigenza… è il meccanismo perverso del “cane che si morde la coda”….

Inoltre, oggi tutti possono dire tutto a tutti – sui Social Network in generale – contando su una platea enorme, compresi anche coloro che in passato erano irraggiungibili, ad esempio i politici: non sembra esistere più distinzione di ruoli – anche perché poi spesso, come già accennato prima, la competenza non c’è e il livello culturale di chi dirige è molto simile a quello della “persona comune” –  quindi chiunque può governare il Paese a prescindere dalle proprie capacità e titoli: tutto si appiattisce, tutto è uguale e banalizzato.

Inoltre, se la scuola fallisce nel fornire una base culturale e valoriale solida, tale ruolo non è certo supplito da altri, ad esempio i mass media. A parte il fatto che anche i quotidiani più seri ormai propinano al pubblico una serie di “notizie” che riguardano solo il pettegolezzo sui volti noti, svilendo quindi la propria funzione giornalistica sia per quanto riguarda l’importanza che viene data alla notizia, sia per quanto concerne la sua attendibilità: nella nostra società in cui non conta più il rigore nel controllo della veridicità della notizia e il conseguente rispetto per il pubblico, ma la velocità con cui viene data, tutti possono dire tutto, smentire tutto, ribaltare tutto, senza che esista più un’etica e senza che chi dà una notizia errata venga punito e tale “punizione” sia di esempio per tutti gli altri…
Molto ci sarebbe da dire anche sul livello culturale della TV italiana, ma andiamo oltre…

Questa mancanza di base di un sistema culturale e valoriale di riferimento, produce di conseguenza superficialità, appiattimento, inaffidabilità…
E questo ha ricadute pesantissime sulla vita di tutti i giorni: in un mondo che cambia sempre più velocemente, non siamo più in grado di analizzare e comprendere le situazioni e il significato stesso delle parole.

Prendiamo ad esempio la situazione attuale di coloro che immigrano in Europa.
Movimenti migratori sono sempre esistiti nel mondo, a volte si è trattato di un fenomeno che si è riassorbito senza traumi per la società, altre volte, invece, si è trattato di vere e proprie invasioni.
E’ ovvio e scontato che la solidarietà verso chi è in difficoltà deve essere sempre un valore condiviso. Ma siamo davvero certi di sapere cosa significhi davvero la parola “solidarietà” e che sia corretto impiegarla per ogni situazione estrapolandola dal suo contesto?
Una persona soffre: ha bisogno della nostra solidarietà… chi sia, perché soffre e perché chiede aiuto fa parte del contesto che la maggior parte della popolazione ignora completamente. Siamo certi che sia giusto e corretto usare la parola “solidarietà” in modo automatico e acritico?

In generale, semplificando molto, le informazioni che riceviamo dai mass media circa gli immigrati sono:
1.      nei paesi del Terzo Mondo ci sono tante guerre;
2.      nei paesi del Terzo Mondo le persone muoiono di fame;
3.      l’Occidente deve aiutare il Terzo Mondo;
4.      l’Italia deve accogliere tutti altrimenti mostra di non avere umanità e solidarietà;
5.      le ONG sono le uniche associazioni umanitarie che possono aiutare i migranti;
6.      bisogna accogliere tutti per non compiere di nuovo gli errori accaduti in passato.

Tutto apparentemente corretto, ma andiamo ad analizzare la situazione nel dettaglio:

1.      Nei paesi del Terzo Mondo ci sono tante guerre…
Anche l’Europa ha subito guerre devastanti e vi sono state emigrazioni, ma certamente non ingenti come quelle a cui stiamo assistendo adesso. Inoltre, per quanto riguarda, ad esempio, la situazione italiana, studiando un po’ di storia si scoprirebbe che molto spesso dietro a questi flussi di migranti vi sono veri e propri accordi polico-economici tra i paesi interessati che nulla hanno a che vedere con la parola “solidarietà”. Possibile, comunque, che se c’è una guerra è automaticamente normale e giusto che la popolazione scappi e vada in altri paesi, comunque non limitrofi, ma lontani, come è, ad esempio, l’Europa per il continente africano?… C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

2.      Nei paesi del Terzo Mondo le persone muoiono di fame…
E’ vero che nel Terzo Mondo molta gente muore di fame e vuole scappare… eppure è noto che coloro che scappano pagano somme non indifferenti agli scafisti per fuggire. E poi, perché mai l’Occidente non mette in atto nessuna procedura per minare il lavoro degli scafisti che sono ladri e approfittatori immorali? Gli immigrati comunque danno loro tanti soldi, ma, allora, sono davvero poveri oppure no?… C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

3.      L’Occidente deve aiutare il Terzo Mondo…
E’ vero che il mondo occidentale non può rimanere inerte di fronte ai problemi del Terzo Mondo, ma come mai la maggior parte dei migranti approda in Italia? Solo recentemente qualcosa è cambiato e la reazione durissima del presidente francese Macron, e non solo, contro l’Italia è un indicatore evidente di come l’Europa dia assolutamente per scontato che tutti debbano arrivare in Italia, ma perché? Perché quasi tutti danno per scontato che solo l’Italia debba accogliere tutti coloro che arrivano sulle sue coste e che questo sia giusto? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

4.      L’Italia deve accogliere tutti altrimenti mostra di non avere umanità e solidarietà…
Considerando la crisi finanziaria che stiamo affrontando, è evidente che continuare ad accogliere tutti è semplicemente un suicidio per l’Italia, non credo che ci vogliano capacità analitiche professionali per capirlo. L’Italia deve essere per forza il “primo approdo” per tutti al di là delle proprie capacità di accoglienza altrimenti è “disumana”? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

5.      Le ONG sono le uniche associazioni umanitarie che possono aiutare i migranti…
E’ vero che spesso lo Stato non è in grado da solo di assistere coloro che hanno bisogno di aiuto e il fatto che vi siano persone che svolgono attività di volontariato nell’aiuto dei più deboli è giusto e bellissimo, ma questa attività dovrebbe essere solo di supporto all’azione dello Stato. Ma com’è che sembra che senza ONG non si riesca più a soccorrere nessuno?
E poi ci vorrebbe una estrema chiarezza circa il lavoro delle ONG, proprio per evitare accuse davvero infamanti di lucrare sui migranti: lo Stato dovrebbe chiarire bene chi sono le ONG autorizzate a intervenire (è chiaro che debbano avere una serie di precisi requisiti per operare), se la loro attività è svolta solo su base volontaria o se i loro membri sono pagati e, in caso positivo, da chi? Dallo Stato? E perché lo Stato non riesce a organizzare propri uffici per far fronte all’emergenza? Perché le ONG sono diventate i principali soggetti coinvolti nell’aiuto ai migranti? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

6.      Bisogna accogliere tutti per non compiere di nuovo gli errori accaduti in passato…
Sempre a proposito di questa “solidarietà acritica”, sui mass media compaiono paragoni agghiaccianti e antistorici con la Shoah che mostrano una profonda ignoranza della situazione. Ogni fatto va contestualizzato e affermare che l’aiuto ai migranti oggi è uguale all’aiuto – che non c’è stato – agli ebrei durante la Shoah è mostrare una superficialità terribile. Perché l’idea che l’Europa, anzi, l’Italia, provi a difendersi da un’ondata migratoria senza precedenti a cui non riesce a far fronte, non risulta una semplice, banale e normale politica di autotutela, mentre qualsiasi no ai migranti viene interpretato automaticamente come un’offesa all’umanità? C’è qualcosa che non torna in questo ragionamento…

La parola “solidarietà” applicata a quello che sta accadendo oggi nel Mediterraneo, è quasi sempre usata in modo completamente distorto, antistorico e fazioso. L’accogliere chiunque in nome di una “solidarietà acritica” è una politica suicida verso il proprio Paese che forse nasconde ben altri interessi.

E gli esempi di ragionamenti “che non tornano” e parole, di cui si è perso il significato reale, usate a sproposito, potrebbero moltiplicarsi…

E’ giusto che ognuno manifesti la propria opinione e quindi non mi stupisce di leggere articoli faziosi che distorcono la realtà e manipolano il significato delle parole.
Quello che mi spaventa è che non vi sia un’alzata di scudi consapevole contro di ciò.

La nostra società sta perdendo l’abitudine al ragionamento critico in favore di una molto più facile e accessibile superficialità, banalizzazione, appiattimento, accettazione passiva, giustificazione di qualsiasi comportamento e disinteresse…

Il problema è che non è affatto facile ragionare in modo critico, crescere in modo consapevole e con un’identità e valori forti, svolgere un ruolo attivo all’interno della società, ambire a voler essere protagonisti sui Social Network e sui mass media in generale, e via dicendo. Tutto ciò è ormai accessibile a tutti, ma ci si dimentica troppo spesso che, per farlo bene, bisogna avere gli strumenti necessari e per averli è fondamentale faticare, impegnarsi.

 

di Silvia Haia Antonucci

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Riccardo Di Segni: «Migrazione fuori controllo. Vittorio Emanuele III? Era meglio dove stava prima»

Riccardo Di Segni: «Migrazione fuori controllo. Vittorio Emanuele III? Era meglio dove stava prima»

Il rabbino capo di Roma: «Temo nuove ondate d’intolleranza. Mi chiedo: tutti i musulmani che arrivano qui intendono rispettare i nostri diritti e valori? E lo Stato italiano ha la forza di farli rispettare? Devo rispondere due no»

Corriere della Sera

 di Aldo Cazzullo

Rabbino Di Segni, lei da 17 anni è il capo religioso della più antica comunità ebraica della diaspora, quella di Roma. Com’era il ghetto quando lei era piccolo, subito dopo la guerra?
«Pieno di bambini. Papà era pediatra. Volevamo ricominciare, ma la ferita della Shoah era terribile. La razzia del 16 ottobre 1943 fu opera dei tedeschi. Ma poi furono gli italiani a far deportare altri mille ebrei».

I suoi come si salvarono?
«Molti si sentivano al sicuro dopo aver versato l’oro ai nazisti. Mio padre Mosè ebbe una perquisizione in casa. Chiamò da un telefono pubblico un amico giornalista che lo mise in allerta. Non tornò nel ghetto, scappò con mia madre Pina a Serripola, una frazione di Sanseverino Marche».

Anche sua madre era figlia di un rabbino.
«Nonno era il rabbino di Ruse, la città di Elias Canetti, sul Danubio. Fu salvato da re Boris, che disse a Hitler: gli ebrei bulgari non si toccano. Morì avvelenato, forse per mano nazista. Resistere, però, era possibile».

Cosa pensa del ritorno delle spoglie di Vittorio Emanuele III?
«Era meglio se rimaneva dove stava».

E della beatificazione di Pio XII?
«Ho studiato la sua storia, e devo ribadire un giudizio severo. Non fece nulla per impedire la deportazione. È vero che poi offrì rifugio a molti perseguitati».

Suo padre fu partigiano.
«Medaglia d’argento. Combatté la battaglia più dura il 24 marzo 1944, mentre suo cugino Armando veniva ucciso alle Fosse Ardeatine. Gli altri cugini sono morti ad Auschwitz. Mamma era nascosta in un granaio con mio fratello Elio e mia sorella Frida. Venne il rastrellamento fascista, il prete andò ad avvisare la banda di mio padre, che arrivò appena in tempo. I fascisti scapparono».

Perché gli ebrei sono il popolo più antico al mondo? Perché sono stati perseguitati ovunque e da tutti?
«È una scelta del Padreterno: ci ha esposti a ogni rischio, e continua a farlo; e nello stesso tempo ha un impegno con noi per la nostra sopravvivenza. Non lo dico io, lo dicono i profeti».

Siete il popolo eletto?
«Non nel senso di una presunta superiorità. L’elezione è una sfida. È una continua messa alla prova. Non ti è consentito quel che è permesso a una persona normale. Sei chiamato a rispettare una disciplina particolare, con tutti i rischi che questo comporta».

Marx, Freud, Einstein: qual è il segreto dell’intelligenza degli ebrei?
«Se ti considerano diverso, finirai per comportarti in modo diverso, anche se non sei religioso; e l’evoluzione nasce dalla differenza. Siamo un popolo ricco di eccessi, in positivo e in negativo: ci sono ebrei molto intelligenti, e altri che non lo sono».

È vero che san Francesco aveva origini ebraiche?
«Un libro lo afferma, ma non ne sono affatto sicuro. Senza fare paragoni, era ebreo don Lorenzo Milani».

Lei ha detto: «Abbiamo sempre inventato cose che ci hanno portato via». Cosa intende?
«Le rivoluzioni del primo ‘900 sono state fatte da ebrei, poi eliminati scientificamente uno per uno, da Trotzky in giù. In Italia abbiamo avuto Modigliani e Treves, che fece il duello col Duce. Lo diceva già Malaparte: un ebreo può fare la rivoluzione, non comandare».

Lei ha biasimato l’Italia per aver votato contro il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele. Perché? 
«Perché è il riflesso della tipica posizione cristiana e più ancora musulmana per cui gli ebrei possono essere sottomessi o tollerati, mai sovrani, neppure a casa propria».

Gerusalemme è anche la casa dei palestinesi.
«Me ne rendo conto. Ma Gerusalemme capitale non è un’invenzione di Trump. È una questione politica che risale al 1948. È una questione religiosa millenaria. Non dimentichi che i cristiani hanno fatto le crociate, e non per riportare gli ebrei a Gerusalemme: dove arrivavano i crociati, distruggevano le comunità ebraiche».

Cosa pensa della politica di Netanyahu? 
«Non parlo di politica. Né israeliana, né italiana».

Esiste ancora l’antisemitismo in Italia?
«C’è sempre stato, c’è, e ogni tanto riemerge in forme diverse. C’è l’idea religiosa che il popolo ebraico abbia esaurito la sua funzione, e debba vagare ramingo e disperso tra i popoli come punizione per non aver accolto la verità. E ci sono le curve degli stadi che deformano simboli per trasformarli in offese, senza rendersene conto; oppure rendendosene conto benissimo. Colpisce che non ci sia più inibizione a dichiarare simpatie fasciste».

C’è anche un antisemitismo di sinistra?
«Certo che c’è».

Cosa pensa di Lotito?
«Scusi, ma lei e io ci siamo incontrati qui nella sinagoga di Roma, in una splendida mattina di sole, per parlare di Lotito?».

E di Papa Francesco?
«È un Papa che sa ascoltare. Gli ho chiesto di non citare più i farisei come paradigma negativo, visto che l’ebraismo rabbinico deriva da loro; e l’ha fatto. Gli ho chiesto di non cadere nel marcionismo, e mi pare ci stia attento».

Cos’è il marcionismo?
«L’idea — cara all’eretico Marcione e tuttora diffusa tra i laici che di religione sanno poco, come Eugenio Scalfari — che esista un Dio dell’Antico Testamento, severo e vendicativo, e un Dio del Nuovo, buono e amorevole. Ma Dio è uno solo. Ed è insieme il Dio dell’amore e il Dio della giustizia. Il Dio che perdona, e il Dio degli eserciti».

Primo Levi criticò Israele dopo Sabra e Shatila.
«È vero, anche se la colpa fu di mancata vigilanza, non furono israeliani a massacrare i palestinesi. E comunque Se non ora quando è un libro molto sionista. Persino troppo, là dove si compiace per gli ebrei in armi».

Lei non ha punti di disaccordo con Papa Francesco?
«Ne ho molti. Ad esempio il Papa fa passare la domenica come un’invenzione cristiana; ma se voi avete la domenica, è perché noi abbiamo il sabato. Quando Francesco è venuto qui in sinagoga voleva discutere di teologia. Gli ho risposto di no: di teologia ognuno ha la sua, e non la cambia; discutiamo di altro».

Di migranti?
«Sui migranti noi ebrei siamo lacerati. La fuga, l’esilio, l’accoglienza fanno parte della nostra storia e della nostra natura. Ma mi chiedo: tutti i musulmani che arrivano qui intendono rispettare i nostri diritti e valori? E lo Stato italiano ha la forza di farli rispettare?».

Si risponda.
«Purtroppo devo rispondere due no. Per questo sono preoccupato. L’Europa è nata dopo Auschwitz; non vorrei che finisse con un’altra Auschwitz. Non so chi sarebbero stavolta le vittime. So che la migrazione incontrollata può provocare una reazione di intolleranza; ci andremmo di mezzo anche noi, e forse per primi».

L’arrivo di migliaia di migranti musulmani è un problema per gli ebrei?
«Non solo per gli ebrei; per tutti».

Lei è andato alla moschea di Roma, ma l’imam non è venuto in sinagoga. Come mai?
«Il rapporto con l’Islam è molto complesso. Ci stiamo lavorando. Al corteo del mese scorso a Milano si sono sentiti slogan in arabo che inneggiavano a Khaybar, la strage di ebrei fatta da Maometto. Ho ricevuto lettere private di scuse da parte di organizzazioni islamiche; non ho sentito parole pubbliche».

Cos’è per lei il Giorno della Memoria?
«Una data necessaria. Con rischi da evitare: l’assuefazione, la noia, e alla lunga il rigetto di chi dice: “Non ne posso più di questi che stanno sempre a piangere”».

Chi è per lei Gesù?
«Innanzitutto, un ebreo. Conosceva la tradizione ebraica, ha predicato insegnamenti morali in gran parte condivisi dalla tradizione, in parte “eterodossi”. Ma per voi è il Messia, il figlio di Dio; per noi non lo è».

Un falso Messia?
«Non voglio usare questa espressione. Per noi non è il Messia».

Cosa pensa delle leggi sulle unioni civili e sul fine vita?
«Lo Stato fa le leggi che ritiene; i credenti fanno quel che ritengono, spesso dopo averci chiesto consiglio. La sedazione profonda non è un problema; ma l’idratazione e la nutrizione non vanno interrotte. Mai».

Voi rabbini potete sposarvi.
«Non possiamo; dobbiamo. Nella nostra visione, un uomo che non si sposa non è pienamente realizzato».

Come immagina l’aldilà?
«Non è al centro delle mie preoccupazioni. Noi crediamo che la vita non si fermi qui, in questo mondo, in questa dimensione. Per il resto abbiamo poche informazioni, ma confuse».

Noi cristiani crediamo alla resurrezione della carne.
«È un concetto ebraico, l’avete preso da noi. Ma non abbiamo un sistema ultraterreno definito come il vostro, con il Paradiso, il Purgatorio, l’Inferno. C’è l’idea della punizione e del premio; del resto discutiamo da millenni. Voi pensate gli ebrei come un monolito; ma da sempre non facciamo altro che litigare».

Dunque la lobby ebraica non esiste?
«In Italia “lobby” ha una connotazione negativa, in America no: è un gruppo di espressione che difende valori e interessi. E noi abbiamo valori e interessi da difendere».

20 gennaio 2018 (modifica il 21 gennaio 2018 | 10:37)

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Fonte: Corriere della Sera.

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