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Il gesuita Boulad al Papa: “Basta ingenuità sull’Islam”

Il gesuita Boulad al Papa: “Basta ingenuità sull’Islam”

“La politica della mano tesa di Papa Francesco sull’Islam è sempre la stessa: ingenua e angelicale”, dice il sacerdote gesuita Henri Boulad. Nato ad Alessandria nel 1931, Boulad ha compiuto gli studi di teologia in Libano, di filosofia in Francia, di psicologia negli Stati Uniti. Superiore dei gesuiti di Alessandria, Boulad è stato anche rettore del Collegio dei Gesuiti del Cairo e ha pubblicato oltre trenta libri, tradotti in quindici lingue.

“La massiccia migrazione verso l’Europa, principalmente da parte di paesi musulmani, che lui sostiene, dimostra che perde di vista i gravi problemi sociali che si presenteranno: la non integrazione e assimilazione dei musulmani nei paesi ospitanti, le incompatibilità dell’Islam con i diritti umani, laicismo, libertà e uguaglianza – per non parlare delle contraddizioni nelle dichiarazioni del Papa. I musulmani non si sono mai integrati nei paesi da loro invasi. Piuttosto, hanno costretto i paesi conquistati a perdere – spesso in modo permanente – le rispettive identità etniche e culturali, le loro religioni, le loro lingue e le loro tradizioni.

Questo è un problema serio che si pone sempre più con l’Islam politico in Europa. Il Papa sembra ignorare la storia delle conquiste musulmane e dei problemi sociali che l’Islam politico pone all’Europa. Questo mette in pericolo le identità europee, le loro tradizioni e le loro radici giudeo-cristiane”.

scrive il National Catholic Register (31/1/2019)

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Discorso di Vladimir Putin alle Nazioni

Discorso di Vladimir Putin alle Nazioni

Oggi sono stanco. Stanco di tutto.
Voglio parlare ai leader del mondo.
Cos’avete che non va? Che piano diabolico tramate?
State deliberatamente cercando di ridurre la popolazione mondiale, e lo state facendo a costo di vite innocenti, di menti fragili che credono nella vostra correzione politica.
Padri, madri, bambini…
Che razza di mostro convince una famiglia a mutilare i genitali del figlio perché un giorno si sente una bambina, sapendo perfettamente che un bambino non ha nemmeno una sua identità ben formata?
Che razza di bestia malvagia convince un Paese occidentale ad aprire le porte al terrorismo dello Stato islamico?
Lavando il cervello delle persone con nefandi e potenti sistemi mediatici che mentono spudoratamente.
State cambiando i valori della cultura occidentale. Uno per uno. Intenzionalmente.
State lasciando che il terrorismo porti via vite innocenti.
Voi stessi avete consapevolmente attaccato la vostra cultura e i vostri valori.
Avete voluto distruggere il cristianesimo, sapendo che dall’altra parte altri sarebbero venuti a imporre l’islam attraverso la violenza e il terrore.
Sapevate. E avete lasciato che accadesse.
Ora, per le vittime del terrorismo, chiedo che facciamo un minuto di silenzio.

Sono consapevole dei vostri piani diabolici per ridurre la popolazione del pianeta.
Dall’aprire le porte e i confini ai gruppi terroristici, al tentativo deliberato di omosessualizzare la popolazione.
Sono qui oggi per spiegare come e perché lo fate.
Sono stati così malvagi da approfittare dei deboli, degli oppressi.
Hanno preso i giovani per le orecchie e hanno riempito le loro menti di spazzatura.
Hanno normalizzato il cambio chirurgico del sesso.
Il Sindaco della città di Manchester ha normalizzato il terrorismo islamico: dopo un attentato ha detto che gli attacchi terroristici sono una parte normale del vivere in una grande città.
Incredibile.
Se pensi che la tua gente debba abituarsi a essere massacrata, dimettiti dal tuo incarico.
E quello che stanno facendo con la comunità omosessuale, Dio, approfittando di una parte della società che è stata da sempre oppressa e sapendo che soffrono di disturbi di disforia, per far credere loro di far parte dell’ordine naturale, e che chiunque non accetti questa premessa sia una cattiva persona e un fobico squilibrato che li odia senza ritegno.
Omosessualizzazione attraverso studi falsi e alterati che mese dopo mese riportano che l’eterosessualità non esiste, articoli su presunte mode per cui gli eterosessuali farebbero sesso tra uomini, e secondo cui l’eterosessualità non sarebbe altro che una struttura sociale.
Bene, oggi vi dico che quelle sono sciocchezze. Bugie premeditate per ridurre poco a poco la popolazione mondiale, perché sapete bene che una società omosessuale non può riprodursi.
Gli islamisti ci massacrano.
Gli islamisti bombardano e la società non si riproduce.
Il risultato è ciò che vi aspettate: un’efficace riduzione della popolazione.
Ma non finisce qui.
Promuovono anche l’odio tra uomini e donne.
Hanno distrutto il movimento femminista per trasformarlo in una guerra tra esseri in competizione biologica, uomini e donne.
Se uomini e donne si odiano, le possibilità di riproduzione scompaiono del tutto.
Questo piano mostruoso è accompagnato da una filosofia neomarxista e dall’indebolimento della mente dei giovani.
Giovani che hanno ricevuto discorsi predigeriti.
Ragazzi e ragazze che si rifiutano di pensare da soli.
Hanno lavato loro il cervello e hanno riempito le loro menti di idee assurde. Li hanno completamente rimbambiti.
Stanno sostenendo leggi jihadiste, sono assolutamente convinti che la mutilazione dei genitali non porti a un disturbo dell’identità sessuale.
Sono riusciti a convincerli che il nemico sia la famiglia tradizionale, cioè quella che si riproduce.
Ma oggi, governanti, la storia vi mostrerà che il buonsenso è più forte.
Vi chiediamo di desistere dal vostro piano.
Oggi vengo qui in pace, implorandovi di lasciare in pace le menti dei giovani e degli oppressi, ma puntando i piedi e mostrandovi che sono consapevole dei vostri piani.
Le vostre politiche devono cambiare urgentemente. I vostri media devono iniziare a dire la verità.
Smettete di cercare di confondere deliberatamente i giovani nella loro intimità.
Entrare nella vita sessuale di una persona sana è un atto spregevole e disgustoso.
Pretendere che un intero Popolo si abitui a essere massacrato da immigrati radicali è un atto codardo e rivoltante.
Scontrarsi tra uomini e donne sotto la bandiera del femminismo, canaglie, è una delle cose più deplorevoli che abbia visto in tutta la mia vita politica.
L’America e l’Europa, se non metteranno fine ai loro piani, dovranno affrontare non solo l’ira di Dio, ma anche la mia.
Desistete dal vostro piano.

Dio e Patria! O la morte!
Viva!

~ Mosca, 11 luglio 2019

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Vaticano e mondo islamico

Vaticano e mondo islamico

Nel 2006, papa Benedetto XVI, nel suo discorso di Ratisbona, ha detto ciò che nessun Pontefice aveva osato mai dire: che esiste un legame tra la violenza e l’islam.

Dieci anni dopo, papa Francesco non ha mai chiamato per nome i responsabili delle violenze contro i cristiani e non ha mai scandito la parola “islam”. Dopo Ratisbona, le scuse al mondo islamico sono diventate la politica ufficiale del Vaticano.

Oggi, l’intero corpo diplomatico del Vaticano evita accuratamente di pronunciare le parole “islam” e “musulmani” e nega che esista uno scontro di civiltà.

Di ritorno dalla Giornata mondiale della gioventù in Polonia, papa Francesco ha detto che tutte le religioni, compreso il cattolicesimo, hanno un potenziale di violenza. Francesco ha poi detto che “l’idea della conquista” appartiene all’islam come religione, ma ha subito aggiunto che si potrebbe interpretare con la stessa idea di conquista anche il cristianesimo “.

Bergoglio ha anche dichiarato che “l’islam è una religione di pace compatibile con il rispetto dei diritti umani e la convivenza pacifica” e ha asserito che sono i mali dell’economia mondiale, e non dell’islam, a ispirare il terrorismo.

Cosa ci dicono queste dichiarazioni papali? Che l’Europa sembra aver messo a punto una nuova strategia in tempo di guerra: sacrificare le vittime per evitare di dover combattere i carnefici.

Giulio Meotti

Tratto da: Il suicidio della cultura occidentale, ed.Lindau, pag.210

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IL SONNO IDEOLOGICO E I SUOI ABISSI

IL SONNO IDEOLOGICO E I SUOI ABISSI

Continueremo così fino a quando ci risveglieremo traumaticamente dal nostro sonno ideologico. Marx, come è noto, sosteneva che la religione fosse l’oppio dei popoli, ma si sbagliava come in molte altre cose. L’oppio dei popoli è l’ideologia, e certo anche la religione si può trasformare in ideologia.

Il sonno ideologico da cui l’occidente è afflitto è quello che non gli permette di vedere che due più due fa quattro, che l’alto è l’opposto del basso e che il caldo non è il freddo. L’oppio ammannito alla popolazione è lo stesso di cui una certa intellighenzia fa abbondante uso. Ed è molto più efficace per narcotizzare di quello vero tratto dalle coltivazioni di papaveri.

E’ una mistura di terzomondismo, di politically correct, di relativismo antropologico, di mea-culpismo, di antiamericanismo, di anticapitalismo, di antiatlantismo, di decostruttivismo…che produce fantasmagorie, ibridi, mostri…

Quando la ragione dorme. Come nella celebre incisione di Goya, il grande veggente della Quinta del Sordo.

Ma veniamo al dunque. L’islam oggi è più di ogni altra cosa ciò che deve essere ad ogni costo salvaguardato dallo sguardo freddo e lucido dell’intelligenza. Lo sguardo che vede la realtà e dice la realtà.

Adaequatio rei et intellectus, e ci inchiniamo come sempre davanti al Santo Dottore.

E questa adequatio ci fa dire a chi ci dice che l’Islam è grande, grande, grande come cantava la spericolata e sublime voce di Mina-e dunque non si può fare di tutta un’erba un fascio, non dei jihadisti, non dei musulmani rigoristi, non dei sessisti propugnatori della sharia, non degli stupratori o potenziali tali, o dei maschi musulmani che devono essere in quattro a testimoniare a favore dell’attendibilità di una donna vittima di stupro se no quello che dice è privo di valore-che la maggioranza di chi non si riconosce in tutto ciò non conta nulla.

Non conta nulla quando essa è simile a un corpo inerte, al coperchio di ghisa di un tombino. Non l’abbiamo mai vista in azione contro l’ISIS, né contro il radicalismo wahabita saudita né contro quello “rivoluzionario” scita, non la vediamo né la sentiamo tutte le volte che avviene qualcosa di terribile e si scopre che chi lo commette è musulmano e non buddista. Non c’era dopo l’11 settembre a riempire le piazze di tutto il mondo, né dopo Madrid, Londra, Parigi, per non parlare della violenza quotidiana in Israele (ma Israele, si sa, è un’altra storia). E non ci sarà la prossima (purtroppo) volta.

Non c’è mai l’altro Islam, quello più grande della parte che non lo rappresenta, ma che nella testa di chi lo agisce lo rappresenta eccome. La maggioranza moderata è avvolta dal suo silenzio sterminato. E sono tanti, ma con l’eccezione di due o tre gatti non si fanno mai sentire e mai vedere.

Eppure esistono. Ma esistono davvero? O come il minotauro, l’araba fenice, le arpie, sono un parto della nostra febbricitante fantasia?

No, non incolpiamo “tutto” l’Islam né per ciò che è accaduto a Parigi, Brusseles, Londra, Berlino, Manchester, Nizza, Colonia, Barcellona. Incolpiamo quella parte del tutto che si mostra senza sosta mentre il resto, assai più cospicuo, il residuo maggioritario, come le tre proverbiali scimmie non vede, non parla, non sente.

 
 di Niram Ferretti

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BERGOGLIO: Ex islamici ora convertiti cristiani gli scrivono una lettera aperta… L’Islam prescrive l’uccisione degli apostati (Corano 4.89;8.7-11), forse che lei lo ignora? Come è possibile equiparare la violenza islamica…

BERGOGLIO: Ex islamici ora convertiti cristiani gli scrivono una lettera aperta… L’Islam prescrive l’uccisione degli apostati (Corano 4.89;8.7-11), forse che lei lo ignora? Come è possibile equiparare la violenza islamica…

Padre Santo,

Molti di noi, a più riprese e per diversi anni, abbiamo cercato di contattarla, ma non abbiamo mai ricevuto il minimo messaggio di avvenuta ricezione delle nostre lettere o richieste di colloquio. Lei non ama i convenevoli e noi neppure, ci consenta perciò di dirle con grande franchezza che non comprendiamo il suo insegnamento riguardo all’islam, quale noi lo leggiamo per esempio nei paragrafi 252 e 253 dell’ Evangelii gaudium, perché non tiene conto del fatto che, essendo l’islam venuto DOPO il Cristo, esso è, e non può che essere, un Anticristo (Cfr. 1 Gv 2.22), e uno dei più pericolosi al mondo, giacché si presenta come il compimento della Rivelazione (della quale Gesù non sarebbe stato altro che un profeta). Se l’islam è intrinsecamente una buona religione, come lei sembra insegnare, per quale ragione noi siamo divenuti cattolici? Le sue parole non mettono forse in dubbio la fondatezza della scelta che abbiamo fatto… a rischio della nostra vita? L’islam prescrive l’uccisione degli apostati (Corano 4.89; 8.7-11), forse che lei lo ignora? Come è possibile equiparare la violenza islamica e una presunta violenza cristiana ?! «Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l’iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele?» (2 Cor 6.14-17). In conformità con il Suo insegnamento (Lc 14,26), noi L’abbiamo preferito, Lui, il Cristo, alla nostra stessa vita. Non siamo forse ben posizionati per parlare con lei dell’islam ?

In effetti, dal momento che l’islam vuole che siamo il suo nemico, noi lo siamo, e tutte le nostre proteste di amicizia non potranno cambiare nulla a questa realtà. Da buon Anticristo, l’islam non esiste se non per essere il nemico di tutti: «Tra noi e voi è sorta inimicizia e odio [che continueranno] ininterrotti, finché non crederete in Allah, l’Unico!» (Corano 6.4). Per il Corano, i cristiani «sono impurità» (Corano 9.28), «di tutta la creazione […] i più abbietti» (Corano 98.6) e «saranno nel fuoco dell’Inferno» (ibidem), pertanto Allah li deve sterminare: «Li annienti Allah» (Corano 9,30). Non bisogna lasciarsi ingannare dai versetti coranici cosiddetti tolleranti, perché sono stati tutti abrogati dal versetto della Spada (Corano 9.5). Mentre il Vangelo annuncia la buona novella di Gesù morto e risorto per la salvezza di tutti, compimento dell’Alleanza che ebbe inizio con il popolo ebraico, Allah non ha altro da offrire se non la guerra e l’uccisione degli «infedeli» in cambio del suo paradiso: «[poiché] combattono sul sentiero di Allah, uccidono e sono uccisi» (Corano 9.111). Noi non facciamo confusione tra islam e musulmani, ma se per lei il «dialogo» è la via della pace, per l’islam esso è solo un modo diverso di fare la guerra. Perciò, come è già accaduto nei confronti del nazismo e del comunismo, il buonismo di fronte all’islam è una scelta suicida e molto pericolosa. Come si può parlare di pace e al tempo stesso cauzionare l’islam, come lei sembra fare ? «Strappare dai nostri cuori la malattia che avvelena le nostre vite […] Quelli che sono cristiani lo facciano con la Bibbia e quelli che sono musulmani lo facciano con il Corano» (Messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato, Roma, 20 gennaio 2014). Che il Papa intenda proporre il Corano come via di salvezza, non è forse qualcosa di inquietante? Dovremmo quindi tornare all’ islam?

La supplichiamo di non voler cercare nell’islam un alleato nella battaglia che sta conducendo contro le potenze che cercano di dominare e asservire il mondo, perché seguono tutti la medesima logica totalitaria, basata sul rifiuto della regalità di Cristo (Lc 4.7). Sappiamo che la Bestia dell’Apocalisse, la quale cerca di divorare la Donna e il suo Bambino, possiede molte teste… Allah, d’altronde, proibisce alleanze di questo genere (Corano 5.51)! E, soprattutto, i profeti hanno sempre rimproverato a Israele la sua volontà di allearsi con le potenze straniere, a discapito della fiducia assoluta che bisogna avere in Dio. Certo, è forte la tentazione di pensare che un discorso a favore dell’islam potrebbe risparmiare ulteriori sofferenze ai cristiani nei paesi divenuti musulmani; ma, a parte il fatto che Gesù non ci ha mai indicato altro cammino se non quello della Croce, ragion per cui noi dobbiamo trovare in essa la nostra gioia e non invece fuggirla come fanno tutti i dannati, non dubitiamo affatto che solo la proclamazione della Verità possa apportare, insieme con la salvezza, anche la libertà (Gv 8.32). Il nostro dovere è quello di rendere testimonianza alla verità, «in ogni occasione opportuna e non opportuna» (2 Tm 4.2), e la nostra gloria è quella di poter dire con san Paolo: «Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1 Cor 2.2).

In correlazione con il discorso di Sua Santità sull’islam, proprio mentre il Presidente Erdogan, tra gli altri, chiede ai suoi compatrioti di non integrarsi nei paesi di accoglienza e l’Arabia Saudita, insieme con tutte le petromonarchie, non accoglie alcun profugo ― fatti rivelatori questi, fra tanti altri, del progetto di conquista e d’islamizzazione dell’Europa, ufficialmente proclamato dall’OCI (Organizzazione della Conferenza Islamica) e da altre organizzazioni islamiche ormai da decenni―, lei, Santo Padre, predica l’accoglienza dei migranti senza tener conto del fatto che essi sono musulmani e che il comandamento apostolico ne fa divieto: «Se qualcuno viene a voi e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non salutatelo. Poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere perverse» (2 Gv 1.10-11); «Se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema!» (Gal 1.8-9).

Allo stesso modo in cui «Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare» (Mt 25.42) non può significare che Gesù avrebbe voluto essere un parassita, allo stesso modo «Ero forestiero e non mi avete ospitato» non può significare «Ero un invasore e mi avete accolto», bensì: «Ho avuto bisogno della vostra ospitalità per un certo tempo, e voi me l’avete accordata». Il termine ξένος (Xénos) nel Nuovo Testamento non rimanda unicamente al significato di straniero, ma anche a quello di ospite (Rom 16.23; 1 Cor 16.5-6; Col 4.10; 3 Gv 1.5). E quando YHWH, nell’Antico Testamento, comanda di trattare bene gli stranieri perché anche gli Ebrei sono stati stranieri in Egitto, ciò è a condizione che lo straniero si integri con il popolo eletto al punto da accettarne la religione e praticarne il culto… In nessun caso si tratta di accogliere uno straniero che intende conservare la propria religione e i propri costumi! Pertanto, non comprendiamo come lei possa perorare la causa dei musulmani che vogliono praticare la loro religione in Europa. Il significato delle Sacre Scritture non deve essere stabilito dai propugnatori del mondialismo, ma permanendo nella fedeltà alla Tradizione. Il Buon Pastore è colui che scaccia il lupo, non certo chi lo fa entrare nel recinto delle pecore.

Il discorso pro-islam di Sua Santità ci spinge a deplorare che i musulmani non siano invitati ad abbandonare l’islam e che tanti ex musulmani, come Magdi Allam, abbiano lasciato la Chiesa, scoraggiati dalla sua vigliaccheria, addolorati dai suoi gesti equivoci, confusi dalla mancanza di evangelizzazione, scandalizzati dall’elogio tributato all’islam… In questo modo le anime ignoranti si trovano confuse e i cristiani non si preparano al confronto con l’islam, al quale sono stati sollecitati da san Giovanni Paolo II (Ecclesia in Europa, n. 57). Abbiamo l’impressione che il suo confratello Mons. Nona Amel, arcivescovo cattolico caldeo, esiliato da Mosul, abbia parlato nel deserto: «Le nostre sofferenze attuali sono il preludio di quelle che voi, Europei e cristiani occidentali, soffrirete in un prossimo futuro. Io ho perso la mia diocesi. La sede della mia Arcidiocesi e del mio apostolato è stata occupata dagli islamisti radicali, i quali ci vogliono convertiti o morti (…). Voi accogliete nel vostro paese un numero sempre crescente di musulmani. Siete anche voi in pericolo. È necessario che prendiate decisioni forti e coraggiose (…). Voi pensate che tutti gli uomini siano uguali, ma l’Islam non dice affatto che tutti gli uomini sono uguali (…). Se non comprendete questo molto in fretta, diventerete le vittime del nemico che avete accolto in casa vostra» (9 agosto 2014; cfr. inoltre qui). Si tratta di una questione di vita o di morte, e ogni atteggiamento compiacente nei confronti dell’islam di compiacenza di fronte all’islam è un tradimento. Noi non vogliamo che l’Occidente continui a islamizzarsi, né che lei vi contribuisca a ciò con la sua azione. Dove dovremmo andare a cercare di nuovo un rifugio?

Santità, ci consenta di chiederle di convocare al più presto un sinodo sui pericoli dell’ islam. Che cosa rimane della Chiesa nei paesi in cui si è insediato l’islam? Se essa vi possiede ancora diritto di cittadinanza, è solo nello status di dhimmitudine, a condizione cioè che non evangelizzi e che rinneghi in tal modo se stessa… Per amore della giustizia e della verità, la Chiesa deve proclamare alla luce del sole i motivi per i quali le argomentazioni addotte dall’islam per bestemmiare la fede cristiana sono false. Se la Chiesa ha il coraggio di fare questo, siamo certi che i musulmani, e anche tanti altri uomini e donne che sono alla ricerca del vero Dio, si convertiranno a milioni. Come lei ha ricordato : «Chi non prega Cristo, prega il Diavolo» (14.03.13). Se le persone sapessero di andare all’Inferno, darebbero la loro vita a Gesù (Cfr. Corano 3.55)…

Con il più profondo amore verso il Cristo, che attraverso di lei guida la Sua Chiesa, noi, cattolici provenienti dall’islam, con il sostegno di tanti nostri fratelli nella fede, in modo particolare quello dei cristiani d’Oriente e dei nostri amici, chiediamo a Sua Santità di voler confermare la nostra conversione a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, unico Salvatore, per mezzo di un discorso franco e diretto sull’islam. Assicurandole la nostra preghiera nel Cuore dell’Immacolata, chiediamo la sua apostolica benedizione.

 

http://exmusulmanschretiens.fr/355-2/

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Epurato anche Padre Samir Khalil famoso islamologo di Papa Benedetto XVI.

Epurato anche Padre Samir Khalil famoso islamologo di Papa Benedetto XVI.

Che fine ha fatto il noto sacerdote gesuita egiziano padre Samir Khalil Samir? Da circa sette giorni, il famoso islamologo, teologo e docente al Pontificio Istituto Orientale di Roma, nei pressi di Santa Maria Maggiore, ha cambiato aria e si trova in Egitto, ormai definitivamente.
E’ al Cairo presso la residenza-scuola dei gesuiti chiamata College de la Saint Famile, dove peraltro egli è stato dal 1943 al 1955, mentre ha insegnato al Pontificio Istituto Orientale per 42. La nuova sede del Cairo si trova spalmata in tre parti: Faggala, Heliopolis e Daher. E’ un trasferimento che lascia per lo meno perplessi ed inaspettato visto che lo stesso padre Samir non aveva cambiato i piani estivi, accettando il solito invito ad aiutare in una parrocchia della Germania.

Il noto sacerdote in numerose interviste e conferenze, pur ribadendo sempre la sua fedeltà al Papa, non ha nascosto perplessità ed anche garbata contrarietà sull’ approccio all’islam del pontefice. Inoltre, padre Samir è molto apprezzato e lo è stato anche in passato, dal Papa emerito Benedetto XVI in tema islam. Insomma, è stimato da Benedetto XVI.
La Fede Quotidiana è riuscita a contattare Padre Samir Khalil Samir nella sua residenza, nonostante l’ atteggiamento poco collaborativo della Curia Generalizia dei gesuiti e dello stesso istituto. Il sacerdote, nelle sue risposte, non alza affatto i toni, ma traspare un pizzico di amarezza: “Ho formato persone che possono continuare il mio insegnamento a modo loro”.
La sintesi, ci pare tutta in quel “a modo loro”. Il sacerdote dice: ” Pensavo di andare a Beirut dove si trova il Cedrac ed ho la biblioteca personale, ma è venuta anche la proposta di andare al Cairo dove è più facile trovare collaboratori che in Libano. Per me è una grazia ritrovare il mio Paese dopo 50 anni di assenza e vorrei finire li i miei giorni”.
Precisa come è venuta questa decisione: “Il Superiore Provinciale dei gesuiti (quello del Medio oriente , libanese n.d.r.), in comune riflessione con me, ha deciso di mandarmi al Cairo avendo esaminato la proposta Beirut, tenuto conto di vantaggi e svantaggi”. Nessuna polemica da parte di padre Samir che dice: ” Io sono contento ovunque, mi lascio guidare dalla Provvidenza Divina”. In ogni caso il sacerdote ha in programma a breve viaggi in Austria, Spagna, Portogallo, Polonia e la stessa Italia. La chiave di volta? Quella espressione ” a modo loro” relativa all’ insegnamento.
E da sette giorni un raffinato sacerdote ed intellettuale, critico col Papa sull’islam e relativi rapporti, ma soprattutto amato e stimato da Benedetto XVI, è lontano da Roma, in Egitto. Definitivamente.
Bruno Volpe

Fonte : lafedequotidiana.it

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L’Ebraismo è vita!

L’Ebraismo è vita!

“La lotta all’antisemitismo come strategia della civiltà”

Rav Giuseppe Laras

Caro direttore, l’importanza del ricordo come antidoto all’antisemitismo è ribadita in ogni commemorazione del Giorno della Memoria. Molto viene fatto. Con mezzi scientifici, tecnici e didattici si cerca di mostrare ciò che di infame ed efferato fu perpetrato dal nazifascismo in Europa — e non solo — dagli anni 30 del ‘900. Si è parlato. Si sono mostrate immagini agghiaccianti dei campi di sterminio, in cui strame fu fatto dei corpi di milioni di esseri umani. Si è ricorso ai superstiti vittime di tali brutture (ai quali va commossa gratitudine per lo sforzo, specie psichico, a cui si sottopongono) per rendere testimonianza dell’annientamento dell’essere umano e dello sterminio del Popolo Ebraico.

Le scuole accompagnano scolaresche ad Auschwitz perché «vedano» e «tocchino con mano» quello che, lungi dall’essere favola triste, è verità storica profanante e contraddicente i valori etici e spirituali dell’umanità e, specialmente, delle culture da secoli promananti dalla scaturigine biblica. Presso il grande pubblico si è purtroppo ridotto l’ebraismo alla Shoah. 

L’ebraismo è ben altro: Bibbia, Talmùd, persone, volti, lingue, Israele, Oriente e Occidente insieme. In Italia, poi, si tratta di un cammino di popolo e di cultura — in primis religiosa, ma non solo — , in dinamica osmosi con la cultura italiana non ebraica, perdurato 22 secoli, nonostante sofferenze ed emarginazioni.

Gli ebrei italiani hanno, almeno in parte, la responsabilità di non aver loro stessi sufficiente cognizione e coscienza di ciò. E di non averlo spesso convenientemente saputo trasmettere ad altri, compresi persino gli ebrei non italiani. Sembrerebbe che la memoria della Shoah non sia servita a granché: l’antisemitismo, mutante anche in antisionismo, con il suo corredo di discredito, violenza e morte, è vivo e vegeto, più aggressivo che mai in Europa e in terra di Islam. I giornali riportano bollettini di opinioni e fatti antisemiti. Non accadeva nulla di simile, con tale intensità e frequenza, dalla caduta del nazismo, inclusa l’ignavia di troppa cultura e politica occidentale. Si è sconfitto il nazismo perché gli ebrei debbano abbandonare nuovamente l’Europa o per vedere accostati da alcuni, con falsità assordante e perversa immoralità, nazifascismo e sionismo? Si è sconfitto il nazismo per tacitamente accordarsi con chi vuole distruggere in vario modo Israele e inficiare così ogni costruttiva, ancorché talvolta severa, critica che tale Stato, come qualsiasi realtà statuale, necessita? Conservare e trasmettere la memoria serve allora poco o niente? Se così fosse, sarebbe disperante. Potrebbe invece essere che questa memoria, che ci sforziamo di conservare e di attualizzare, in realtà non sappiamo trasmetterla come occorrerebbe, nonostante la grande dedizione di molti.

Può essere, infine, che alcuni fatti siano stati troppo sottostimati, come, per esempio, il rapporto, tutt’altro che occasionale e trascurabile, tra nazismo e Islam jihadista, quest’ultimo nutrito ed eccitato dalla Germania guglielmina prima e dal nazifascismo poi. Un’altra risposta all’inadeguatezza della memoria per combattere l’antisemitismo potrebbe dimorare nella gravità di tale malattia dell’anima e della mente, che non sarebbe aggredibile da alcuna terapia e che si presenterebbe quindi alla stregua di male endemico e cronico. Posso testimoniare che, come molti ebrei, sono nato con l’antisemitismo e con esso sono invecchiato.

Sono considerazioni amare. Se l’arma della memoria per contrastare questa infezione dell’umanità appare spuntata, dobbiamo interrogarci sul perché tale male risulti così duro a morire o, perlomeno, a essere contenuto e, al contempo, per converso, così facilmente pronto a infettare. Ciò che rende l’antisemitismo malattia incurabile è probabilmente la sua veneranda età. Quasi 2000 anni di presenza nella storia del mondo, sia in terra di cristianità sia in terra di Islam, con l’accompagnamento devastante di predicazioni e azioni ininterrottamente rivolte contro l’ebreo, deicida per troppi secoli per i primi e kafir per molti dei secondi, meritevole dunque di discredito e punizione. Troppo tempo per non provocare catastrofi e l’assunzione dell’ebreo (specie in Europa, cristiana prima e purtroppo scristianizzata poi) a paradigma del male, come tale infido e mostruoso. So bene che, almeno in certi Paesi, qualcosa è cambiato, specie nella coscienza di molti amici cristiani che hanno riconosciuto con coraggio e onestà un nesso causale tra devastazioni hitleriane della Shoah e antiebraismo cristiano, nascente anticamente con le tentazioni marcionite ma presente e serpeggiante per secoli e ancora oggi, laicizzatosi poi nell’antisemitismo moderno di matrice illuminista, quest’ultimo mai davvero seriamente analizzato e meditato dalla storia del pensiero politico e filosofico occidentale.

So bene che il Dialogo ebraico-cristiano, nato dopo la Shoah, nonostante alti e bassi e vita relativamente breve, offre un ausilio alla lotta all’antisemitismo, agendo in parte da «farmaco sperimentale», contributo forse non imponente e risolutivo, ma significativo e prezioso per i contenuti di amicizia e passione che lo alimentano da parte sia cristiana sia ebraica. La lotta attiva e concreta all’antisemitismo (incluso l’antisionismo), nelle sue mutevoli e subdole forme, deve quindi trovare oggi accoglienza con coraggio e acribia, studio e passione, anche presso i cristiani e le Chiese. Altrimenti il Dialogo andrà erodendosi. Per rispondere all’interrogativo se il Giorno della Memoria, nonostante i limiti che presenta, possa continuare a essere proposto come momento non trascurabile di una strategia della civiltà e dell’umanizzazione, giudiziosamente dobbiamo concludere che, disattendendolo e smarrendolo, ci priveremmo di un prezioso freno inibitore.

Corriere della Sera 25.1.2016    
Fonte: 



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Laras: Il coraggio della verità

Laras: Il coraggio della verità

Rav  Giuseppe Laras

Lutto e dolore accompagnano una guerra difficile e lunga, combattuta anche con la dissimulazione e la strategia della confusione. Alleati dell’Islam jihadista (Isis, Fratelli Musulmani, Hamas, Al Qaeda, Hezbollah e Iran) sono quei politici, pensatori, storici e religiosi che hanno distorto la pace in pacifismo, la tolleranza e l’inclusione in laissez-faire, la forza della verità in debolezza dell’opinione arbitraria, il dialogo in liceità di ogni espressione, il sano dissenso in intollerante conformismo politically correct. Questi occidentali “odiatori di sé” sono complici. Hanno svenduto alla sottomissione la libertà per cui mai personalmente lottarono o pagarono. Questa è la triste fotografia dell’inadeguatezza politica e culturale di molti europei.
É un clima che richiama l’ascesa del nazismo. Possiamo crederci o no, ma ciò che colpisce l’Europa oggi è l’inevitabile reiterazione di problemi che Israele ha da decenni: sopravvivere allo jihadismo che nutre menti, cuori e attese politico-religiose di troppi musulmani, anche se non di tutti. Come non sentirsi profondamente vicini anche alle famiglie delle vittime musulmane degli attacchi parigini?
Il dramma è che, con cieca ignoranza, la cultura laicista considera, semplificandolo, l’Islam politico realtà consimile e analoga a cristianesimo ed ebraismo e alle loro storie, anch’esse non prive di ombre. Le cose non stanno così. Finiamola con il mantra buonista, esorcistico dei problemi nell’immediato ma amplificante gli stessi nel tempo, della “religione di pace”. Si vedano le piazze dei Paesi Islamici giubilanti per i fatti parigini, come per Charlie, per i morti ebrei, per le Twin Towers. Che dire dei Bhuddah monumentali abbattuti dai talebani? Non insultiamo l’intelligenza con “questo non è Islam”. Basta con sensi di colpa anacronistici per crociate e colonialismo: la city di Londra, mezza Parigi e i nuovi grattacieli milanesi sono oggi di proprietà islamica. Circa il colonialismo, perché non ascoltare anche le voci dissonanti degli ebrei e dei cristiani locali (armeni, caldei, copti), che all’epoca non erano contrari (costituendo ampia parte della popolazione dei Paesi nordafricani e mediorientali) alla colonizzazione che li sollevò da secoli di dhimmitudine? Certi storici su ciò tacciano, minimizzando. E questo non significa affatto assolvere da responsabilità i governi coloniali.
L’Islam politico ha armi potenti: le demografie europee, da decenni non governate nei nostri Paesi, e il fatto che tiene in pugno le economie di numerosi Stati occidentali, con popolazioni vecchie e in decrescita economica. Alla convenienza ora si aggiunge il terrore. Alcuni ritengono, paralizzati da paure economiche, demografiche e belliche, di patteggiare con i mandanti del terrore, proponendo maggiore “inclusione” e “integrazione”, giustificando l’intollerabile e pensando che, venendo a patti col male, si scongiuri il peggio. Non funziona così: arretrando si arretra sempre più.
Veniamo agli ebrei. Noi siamo i primi nemici. Ogni attacco in Europa riguardò anche gli ebrei. Solo che, per sconvolgere i nostri concittadini in Europa, il nostro sangue non é bastato e non ha avuto importanza. Tutti ricordano Charlie Hebdo. E i morti di Tolosa? Di Brussels? Del ristorante kasher di Parigi contestuale a Charlie? Cari europei, ammettiamolo, si trattò solo di ebrei. Di irriducibili rompiscatole che turbano, con la nostra storia di persecuzione in Europa, la buona coscienza di questo crepuscolare continente. Nulla di più allettante, quindi, di trasferire sensi di colpa e inquietudini identitarie verso un disappunto censorio su Israele per la questione palestinese. Ma non è una questione palestinese, é anzitutto una questione islamico-politica. È per questo che, in definitiva, indipendentemente dagli errori di entrambe le parti, non si procede nel necessario cammino verso la pace.
Gli ebrei, ora come in passato, sarebbero causa dei mali del mondo. Se non ci fosse Israele, sostengono molti -musulmani e non-, vi sarebbe pace con l’Islam. È falso. È una “verità apparente” trasformata in dogma. I jihadisti lo sanno bene e sosterranno questa tesi avvelenata e allettante per far credere che solo così tornerà a esservi pace, anche in Europa. Fu la tentazione delle Chiese cristiane arabe con il panarabismo. I risultati? Fuggiti gli ebrei, purtroppo muoiono loro, tra silenzi e balbettii dei cristiani d’Occidente. Settant’anni fa l’Europa ebbe paura e molti capi di governo pensarono che si potesse scendere a patti. Conosciamo le conseguenze.
Erodiamo la libertà e le singole libertà e ancora cederemo. Indeboliamo il cristianesimo e l’ebraismo europei e offriremo ai nostri comuni odiatori, tutt’altro che sprovveduti, nuovi strumenti di sopraffazione e d’odio.
Concittadini, da 2000 anni in Europa dimorano gli ebrei, maltrattati, trasformati in mostri, additati come colpevoli di nefandezze, uccisi in camere a gas. Oggi siamo biasimati in quanto israeliani o filo-israeliani. Tuttavia, durante XX secoli, mai gli ebrei, se non nei deliri degli antisemiti, auspicarono la fine della religione cristiana o la sovversione di cultura e istituzioni occidentali (vi furono al massimo esasperazione e disperazione per le persecuzioni subite). Parimenti mai gli ebrei invocarono -o suggerirono ad altri- la fine dell’Islam o dei Paesi Islamici. Oggi il cristianesimo è vilipeso e perseguitato, si vogliono annientare le nostre libertà e sovvertire le nostre istituzioni laiche. Ritengo inusitato e colpevolmente utopistico che alcuni invitino a fronteggiare questa violenza inaudita e dilagante senza il ricorso alla forza legittima e necessaria.
 L’Europa potrebbe in un futuro risultare inospitale per gli ebrei (in Francia è già realtà). Questo è uno degli obiettivi dei jihadisti. Se così dovesse essere, l’Europa diverrà un territorio desolato e inospitale per tutti coloro che amano e difendono la propria e l’altrui libertà. E non ci sarà nemmeno spazio per i musulmani onesti e pacifici (ahimè troppo silenti).
Per fronteggiare il presente, occorrono saldo spirito razionale, energia e coraggio. L’alternativa è tra libertà e sottomissione (ai Fratelli Musulmani, Hamas, Isis, Al Qaeda, Iran, Hezbollah et similia). Tutti noi, con la viltà, otterremo solo sottomissione. Mai libertà.
Circa gli autori dei massacri, i loro compagni e chi applaude loro, come si può pensare che l’Unico e Onnipotente, buono e giusto, tolleri o gradisca questa furia omicida e le sofferenze ingiuste e blasfeme inflitte alle Sue creature?
Giuseppe Laras
18/11/2015
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Vignette e religione: sì o no?

Vignette e religione: sì o no?

Una riflessione su rispetto e libertà


di: Vittorio Robiati Bendaud


Una premessa: sin da ragazzo sono lettore di Tex e di Dylan Dog. Complimenti, dunque, a casa Bonelli, che ha tanti meriti nell’alfabetizzazione – e non solo – di questo Paese.
Il fatto: la concorrente Editoriale Cosmo di Reggio Emilia ha diffuso in edicola questo mese il fumetto Nosferatu, con avventure di umani e vampiri. Tra gli epocali fenomeni narrati ci sarebbe l’umano vampirizzato Yehoshua di Nazareth, alias Gesù, ivi inclusa la sua resurrezione, trionfo della sua leadership e di un certo vampirismo (cfr. p. 68 e segg).


Non credo che l’ebreo Yehoshua di Nazareth, esponente di correnti ebraiche molto vicine all’ebraismo farisaico e influenzato forse dal coevo essenismo, al pari del Gesù Cristo degli amici cristiani, necessiti di difensori d’ufficio. Tramite i suoi insegnamenti, si difende benissimo da solo.


Tuttavia credo che da difendere ci sia il ben ragionare. Cartesio riteneva che il buon senso fosse diviso equamente tra gli esseri umani. Lo storico Marco Cipolla ci ha meglio edotti, fortunatamente, sulle leggi fondamentali della stupidità umana.


Dopo Charlie Hebdo, la domanda è: “E se ci fosse stato, anziché Gesù – o Mosè – (entrambi ebrei, comunque), Maometto? Che cosa sarebbe successo?”.


So già che, anche con un innegabile fondo di verità, molti converrebbero nel sostenere che l’errore consiste nel denigrare le religioni, deriva erronea della libertà di espressione. Sono d’accordo.


Tuttavia, vi è un grave vulnus: questa riflessione, così assennata, si fa strada dopo la tragedia parigina, dopo il terrore. Ci si esprime, per così dire, a posteriori


Accade a posteriori, in primo luogo, perché per anni si sono denigrati cristianesimo ed ebraismo e i loro rappresentanti in varie forme (si pensi, non da ultimo, alla locandina irriverente di un concerto punk a Ferrara denigrante il locale arcivescovo, per non parlare delle vignette offensive che circolarono su Benedetto XVI), senza il turbamento indignato di nessuno. Dov’erano gli indignati? Nel caso, chi li ha presi sul serio? Per i più si trattò, conseguentemente, di satira legittima, talché le rampogne degli offesi furono considerate come iper-sensibilità o come intolleranza. 


Quella stessa buona e colta espressione della società “laica” che oggi chiede il rispetto per l’Islàm è rimasta indifferente all’analogo trattamento riservato a ebrei e cristiani, quando invece non divertita o addirittura complice soddisfatta. Parimenti molti “intellettuali” ebrei e cristiani – ahimè quasi tutti purtroppo delle aree progressiste e politicamente orientati a sinistra -, in relazione a questo tipo di “satira”, hanno spesso preferito lasciar correre, sentendosi “liberali” e “tolleranti” e dimostrando, purtroppo, troppo poco attaccamento alle rispettive Comunità di fede e ai loro simboli più cari. Chi di questi due diversi, ma parimenti inani, gruppi di intellettuali e politici, ha tuonato e prende, per esempio, sul serio le migliaia di vignette antisemite, realmente demonizzanti gli ebrei, che riempiono i giornali del mondo arabo islamico da decenni e che sono da tempo ormai diffuse anche in Europa? La domanda è dunque anzitutto questa: perché invalsi trattamenti diversi circa la comune percezione dell’esercizio del diritto di satira – o della sua censura – per cristiani e ebrei da una parte e musulmani dall’altra?


Rispetto ai fatti del terrore di matrice islamica – a Parigi e non solo – la riflessione sul diritto di satira è a posteriori anche da un secondo punto di vista, più insidioso e preoccupante.


Si può invitare con fermezza, senza ambiguità insidiose, al rispetto per le religioni, ponendo limiti alla libertà di espressione e di satira, solo dopo il terrore? Specifico meglio: si può fondare – o invocare – una morale pubblica e intersoggettiva “del rispetto” unicamente a fronte del terrore esperito? Dunque, in definitiva, solo in quanto reazione, subendo così ancora la paura? Per dirla fuori dai denti: non è profondamente insidioso ed errato fondare il rispetto sulla paura?

Questo assoggettamento – a posteriori – a un’etica giornalistica e satirica della cautela a fronte del terrore scatenatosi – o potenziale e latente -, oltreché risentire di una debolezza concettuale e morale intrinseca, significa ahimè darla parzialmente vinta ai terroristi che, proprio con il terrore, vogliono imporre il loro non-pensiero e il loro fanatismo e, sempre con il terrore religioso, fondare l’etica pubblica.

Chissà se quanti oggi invocano, giustamente, il rispetto delle religioni in relazione a certa satira hanno pensato anche a questo dettaglio etico e politico, tutt’altro che trascurabile?


Permangono altre domande, diverse ma convergenti. 

Possono le religioni, che giustamente invocano la necessità di una satira non offensiva (con l’interrogativo non banale per l’autorità civile laica, aperto a risposte multiple e tra loro forse inconciliabili, di come individuare il limite giuridico dell’eventuale offesa), evitare di banalizzare e presentare in maniera caricaturale o, peggio, demoniaca, l’altro da sé, credente in altre fedi oppure non-credente? Anche in questo è necessaria la reciprocità. L’ebraismo, oltreché in alcune concezioni teologiche e normative arretranti all’epoca talmudica (la dottrina del Noachismo), pur con opinioni diverse, già nei suoi Maestri medievali, aveva dato risposte significative e costruttive (in rapporto, in particolare, agli altri due monoteismi). Si pensi a Yehudah ha-Levì e a Maimonide e, successivamente, a rabbini insigni quali ‘Emdin, Rivkis, Hirsch, Sacks. Il cristianesimo cattolico ha risposto in maniera ufficiale e vincolante in vari passi celebri di Nostra Aetate, della Lumen Gentium e della Gaudium et Spes.


Può l’Islàm condannare le vignette antisemite che circolano sui giornali arabi e di altri Paesi islamici? Può l’Islàm evitare di ridurre gli ebrei a coloro che hanno alterato la Rivelazione divina e i cristiani a coloro le cui pratiche cultuali posseggono sapori idolatrici, apprezzandoli positivamente e evitandone caricature, siano esse teologiche, morali o politiche?


Può la cultura laica evitare di banalizzare le religioni, svilendole unicamente – o in prima istanza – a generatori di violenza, anche se esistono legami insidiosi tra religioni e violenza? Può la cultura laica evitare di offrire una errata visione caricaturale, pseudo-illuminista, delle religioni, tal ché esse costituiscano soltanto un coacervo di ignoranza, psicosi collettive, mortificazione della libertà individuale e dispotismo? 


Avrei, infine, delle domande da porre a coloro che fanno satira “senza freni” e a certi vignettisti, specie in relazione al loro senso di responsabilità sociale. Tuttavia, a fronte di morti così orrende, preferisco condividere il loro lutto. Anche perché vi è un discrimine netto e inviolabile tra il dominio della parola, anche se mal esercitata, e il dominio della violenza fisica, laddove chi compie certi atti è meno che animale. Per non offendere gli animali, si capisce. 
Per il momento, in relazione agli editori di Nosferatu, mi chiedo – ed è ovviamente solo una provocazione – a quando, dopo Gesù, Mosè e Maometto? Saranno mummie, zombie o licantropi?


Vittorio Robiati Bendaud
29/01/2015 Milano
Fonte: www.mosaico-cem.it




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