Autore: Vittoria Scanu

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Donne ebree d’Italia: Studi e testimonianze, 3-8 luglio 2022, Foresteria Monastero di Camaldoli (AR).

Donne ebree d’Italia: Studi e testimonianze, 3-8 luglio 2022, Foresteria Monastero di Camaldoli (AR).

Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli

Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea-CDEC

I Settimana internazionale di studi sull’ebraismo italiano

 

Donne ebree d’Italia:

studi e testimonianze

 

3-8 luglio 2022

Foresteria Monastero di Camaldoli

PROGRAMMA

DOMENICA 3 LUGLIO

14.00-18.00: Accoglienza

19.30: Cena

21.00 Introduzione al convegno

Gabriele Boccaccini, Uno sguardo generale sugli studi sulle donne ebree nell’Italia moderna e contemporanea

LUNEDÌ 4 LUGLIO, MATTINA

9.00: Silvia Haia ANTONUCCIDonne ebree d’Italia nella tradizione religiosa ebraica

9.30: Pia SETTIMIDonne ebree sconosciute, vissute a Padova tra XVI e XVII secolo

10.00: Asher SALAHImmagini di martirio femminile nella letteratura degli ebrei in Italia tra Ottocento e Novecento

10.30: Pausa

11.00: Ida CAIAZZA e Francesca FAVAROIntersezione tra genere e appartenenza religiosa: le donne ebree dell’Italia moderna e contemporanea

11.30: Adele Valeria MESSINA1873, Due racconti di Adele Levi della Vida: tra religione e rinnovamento educativo-politico

12.00: Dibattito sulle relazioni della mattina

POMERIGGIO

15.00: Shulamit FURSTENBERGLibri e donne del Rinascimento ebraico italiano

15.30: Gabriella ROMANIErminia Fuà Fusinato tra Risorgimento e Unità d’Italia

16.00: Maria Luciana BUSEGHINAlice Hallgarten Franchetti: protagonista del rinnovamento spirituale, pedagogico e imprenditoriale tra ’800 e ’900

16.30: Pausa

17.00: Tonino NOCERAVirginia Olper Monis

17.30: Monica MINIATIEmma Boghen Conigliani

18.00: Dibattito sulle relazioni del pomeriggio

MARTEDÌ 5 LUGLIO, MATTINA

9.00: Silvia ALESSANDRIDiari di donne in un archivio di famiglia: Olga Pegna, Milla Padovani Cagli

9.30: Caterina DEL VIVOLaura Orvieto, le attrattive della realtà monastica toscana e il “Leone da Rimini”

10.00: Marina BAKOSAudaci e appassionate sperimentatrici. Artiste ebree del Novecento italiano

10.30: Pausa

11.00: Roberta DE PICCOLILa musica tra educazione e didattica nel primo Novecento italiano. Le voci femminili di Elisabetta Oddone Sulli-Rao, Lina Schwartz, Arpalice Cumàn Pertile, Annie Vivanti, Hedda, Teresàh

11.30: Dibattito sulle relazioni della mattina

POMERIGGIO

15.00: Elena BRANCAPrima Guerra Mondiale: Ufficiali Mediche e farmaciste (Luisa Ancona)

15.30: Marina ARBIBL’«ebraismo invisibile» nelle Memorie e nell’opera di Amalia Picherle Rosselli (1870-1954)

16.00: Eirene CAMPAGNAEbree#vite parallele. Reinterpretazioni memoriali in chiave femminile

16.30: Pausa

17.00: Sandra TERRACINA e Ambra TEDESCHIIl segno di Mara Coen: tra innovazione e ritorno al passato

17.30: Dibattito sulle relazioni del pomeriggio

MERCOLEDÌ 6 LUGLIO, MATTINA

9.00:  Filippo PETRUCCIDonne ebree italiane e Resistenza: il caso di Nadia Gallico Spano

9.30: Liliana PICCIOTTOEloisa Ravenna e il processo Boshammer

10.00: Manuele GIANFRANCESCOGiorgina Arian Levi: un’insegnante attraverso le epoche d’Italia

10.30: Pausa

11.00: Alberto GIORDANOGendered Experiences of the Holocaust in Italy: Space, place and Testimonies

11.30: Dibattito sulle relazioni della mattina

POMERIGGIO LIBERO

Visita alla biblioteca dell’Eremo di Camaldoli (facoltativo)

SERA: Evento culturale

GIOVEDÌ 7 LUGLIO, MATTINA

9.00: Annalisa CEGNADonne ebree tra internamento e deportazione

9.30: Emilia PEATINIOlga Blumenthal: storie di famiglie e di una vita

10.00: Marta BAIARDILiana Millu testimone

10.30: Pausa

11.00: Inge LANSLOTSLe bambine deportate riemerse e la lotta all’indifferenza rivolta ai bambini/ragazzi del Duemila. Le testimonianze di Liliana Segre, Tatiana e Andra Bucci a confronto

11.30: Dibattito sulle relazioni della mattina

POMERIGGIO

15.00: Natalie DUPRE’Una memoria in atto: il processo della riscrittura nella narrativa di Edith Bruck

15.30: Rachelle GLOUDEMANSL’opera di Edith Bruck tra migrazione e memoria: alcune riflessioni sulla narrativizzazione del ‘viaggio’ delle memorie

16.00: Michael SHERBERGRipensare Natalia Ginzburg

16.30: Pausa

17.00: Claudia MILANIDonne e studi rabbinici in Italia, a partire dall’esempio di Lea Sestieri

17.30: Dibattito sulle relazioni del pomeriggio

VENERDÌ 8 LUGLIO, MATTINA

9.00: Adriana CHEMELLOI “romanzi di memoria” di Giacoma Limentani

9.30: Helen BRUNNER, “Giacometta Limentani: una maestra di Midrash”

10.00: Marcella FILIPPAUrsula Hirschman: come in una giostra

10.30: Pausa

11.00: Tavola rotonda conclusiva e dibattito

DOPO PRANZO: partenze

Con il contributo di

Alessandro Nangeroni-International Endowment per il dialogo interreligioso

Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI)

Alberto Italian Studies Institute

Shemah

Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII-fscire.it

Associazione Donne Italiane (ADEI-WIZO)

Prenotazioni e informazioni:Foresteria del Monastero, 52014 Camaldoli (AR)

Tel. 0575 556013 – Fax 0575 556001, foresteria@camaldoli.it

www.camaldoli.it

 

BREVI NOTE BIOGRAFICHE

 

SILVIA ALESSANDRI: Già Vice Direttrice della Biblioteca Nazionale di Firenze.

SILVIA HAIA ANTONUCCI: è responsabile dell’Archivio storico della Comunità ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino”, collabora con il Museo Ebraico di Roma, è giornalista pubblicista, svolge attività didattica e di comunicazione sulla Shoah, l’ebraismo e la storia della Comunità ebraica di Roma; su tali argomenti ha pubblicato volumi e ha tenuto lezioni e conferenze in Italia ed all’estero. E’ stata vicepresidente dell’Associazione Italia-Israele Roma-AIIR. Tra le pubblicazioni si segnalano: Dopo il 16 ottobre. Gli ebrei a Roma tra occupazione, resistenza, accoglienza e delazioni (1943-1944), curatela insieme a C. Procaccia, Roma, Viella, 2017; La donna nel mondo ebraico ortodosso: il dibattito recente, in «Rassegna Mensile di Israel», Vol. 81, n. 1, gennaio-aprile 2015-Tevet-Nissan 5775, Roma, La Giuntina, 2015, pp. 121-130; Un amore Capitale. Salvatore Fornari e Roma, Padova, Esedra editrice, 2014

MARINA ARBIB: of Italian origin, Ph.D. in philosophy, scholarship holder at Frankfurt University (Frankfurt, Germany) and Hebrew University (Jerusalem), has published two books and about thirty articles in several European languages and in Hebrew on Kafka, Scholem and modern Jewish thought from an interdisciplinary perspective. She teaches at the Reichman University in Israel.

MARTA BAIARDI: Studiosa della Shoah e delle tematiche relative alla trasmissione della memoria, collabora come ricercatrice all’Istituto Storico Toscano della Resistenza e dell’Età contemporanea. Ha pubblicato numerosi contributi, specificamente sulle persecuzioni antiebraiche a Firenze (nell’ambito di una ricerca coordinata da Enzo Collotti), sulla memorialistica, sulla deportazione delle donne. Per i nostri tipi ha curato, insieme ad Alberto Cavaglion, Dopo i testimoni. Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione razziale (2014).

MARINA BAKOS: Storica dell’arte, ha curato fra l’altro la mostra “Artiste del Novecento tra visione e identità ebraica”, esposta alla Galleria di Arte Moderna di Roma.

GABRIELE BOCCACCINI: Studioso del giudaismo del Secondo Tempio e delle origini cristiane, completata la propria formazione in Italia, dal 1992 insegna negli Stati Uniti presso la University of Michigan. Dal 2001 dirige l’Enoch Seminar da lui fondato. Tra le sue pubblicazioni sono disponibili in italiano: Il medio giudaismo (Marietti 1993), Oltre l’ipotesi essenica (Morcelliana 2003), I giudaismi del Secondo Tempio (Morcelliana 2008) e Dallo stesso grembo (con P. Stefani, EDB 2012).

ELENA BRANCA: Socia della Società Italiana di storia della Medicina e dell’A.N.S.M.I. Piemonte e Valle d’Aosta, è cultrice di storia della Croce Rossa e della Medicina (con particolare riferimento al ruolo della donna). Si occupa inoltre di rievocazione storica con il Gruppo Storico A.N.S.M.I. Piemonte, 12th Durham Light Infantry Italian Reenacting Group, The Gordon Hilanders 1914 18 Italian branch.

HELEN BRUNNER: psicologa psicoterapeuta, vive e lavora a Trieste. Oltre all’attività clinica, svolge consulenze e interventi di formazione. È autrice del libro Come un pescatore di perle (2001) e ha curato il volume Come un pescatore di perle – parte seconda: (rap-) presentazioni (2005), entrambi pubblicati da Ibiskos Editrice Risolo, Empoli. Numerosi suoi contributi su argomenti professionali, storie di famiglia e psicogenealogia sono apparsi su riviste specializzate e in volumi collettivi sia italiani che stranieri. Ha pubblicato vari libri con le Edizioni PulcinoElefante (Osnago). In collaborazione con Comunicarte snc ha curato le mostre “Così per il piacere” (Trieste, 2008) e “In Stazione, per il piacere” (Trieste, 2010) dedicate al lavoro di questa casa editrice. Ha inoltre curato il Quaderno di Laura W. (Comunicarte Edizioni 2015) dedicato a Laura Weiss. E’ socia della SIL (Società Italiana delle Letterate) dal 2008.

MARIA LUCIANA BUSEGHIN: Antropologa culturale e scrittrice, si occupa di arti applicate, soprattutto tessili, svolge attività scientifica e didattica in diversi ambiti: dall’artigianato artistico, alla moda e costume, alla gastronomia.

IDA CAIAZZA e FRANCESCA FAVARO: Ida Caiazza è ricercatrice presso l’Università di Oslo. Francesca Favaro è Dottore di ricerca e docente a contratto presso l’Università di Padova.

EIRENE CAMPAGNA: Dottore di ricerca allo IULM di Milano.

ANNALISA CEGNA: è dottoranda in Studi internazionali presso l’Università degli studi di Napoli L’Orientale e direttrice dell’istituto storico di Macerata. Collabora con l’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”, con l’Università di Macerata e co-dirige la collana editoriale Eum (Edizioni Università di Macerata) “Spazi e culture del Novecento”. I suoi ambiti di ricerca vertono su questioni attinenti al rapporto tra donne e fascismo. Si occupa, inoltre, di storia rurale e di seconda guerra mondiale, con particolare riferimento all’occupazione tedesca dell’Italia.

ADRIANA CHEMELLO: è docente emerito di Letteratura italiana presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari (DiSLL) dell’Università di Padova. Ha pubblicato numerosi saggi in volumi miscellanei in Italia e all’estero, occupandosi di diversi generi letterari (da quello epistolare a quello biografico). Ha studiato la trattatistica di comportamento, con particolare attenzione a quella sulla donna dal Cinquecento all’Ottocento, la figura letteraria della lettrice e la produzione letteraria delle donne. Ha collaborato al volume A History of Women’s Writing in Italy (Cambridge 2000). Tra i suoi lavori: Alla lettera. Teorie e pratiche epistolari dai Greci al Novecento (Milano 1998); Geografie e genealogie letterarie, con L. Ricaldone (Padova 2000); Tre donne d’eccezione. Vittoria Aganoor, Silvia Albertini Tagliavini, Sofia Bisi Albini. Dai carteggi inediti con Antonio Fogazzaro (Padova 2005); C. Percoto, I Racconti, a cura di A. Chemello (Roma 2011); Fogazzaro nel mondo, con F. Finotti (Vicenza 2013). Ha curato con M. Moretti la corrispondenza tra Aldo Capitini e Gianfranco Contini (Firenze 2012).

ROBERTA DE PICCOLI: insegna Storia della Musica nel Liceo Musicale Carlo Sigonio di Modena.

CATERINA DEL VIVO: ha lavorato molti anni all’Archivio Contemporaneo “Alessandro Bonsanti” ed è attualmente responsabile dell’Archivio Storico del Gabinetto Vieusseux. Ha redatto e pubblicato inventari e cataloghi, ha curato carteggi ed edizioni testuali. Si è dedicata in particolare allo studio biografico di personaggi femminili dell’Ottocento e del Novecento: fra le sue pubblicazioni in questo ambito ricordiamo La moglie creola di Giuseppe Montanelli. Storia di Lauretta Cipriani Parra (Pisa 1999). Da anni approfondisce aspetti e figure della cultura ebraica degli ultimi due secoli, soprattutto attraverso lo studio delle carte d’archivio della famiglia Orvieto; recentemente ha curato la valorizzazione di archivi di artisti del secolo XIX vissuti a Firenze, come lo scultore americano Hiram Powers. Dal 2004 coordina per l’Associazione Nazionale Archivisti Italiani (ANAI) la collana di piccole guide agli archivi toscani sconosciuti o nascosti “Quaderni di Archimeetings”. Per l’editore Olschki ha pubblicato “Il Marzocco”. Carteggi e cronache fra Ot[1]tocento e Avanguardie 1896-1913 (1985) e l’autobiografia di Laura Orvieto Storia di Angiolo e Laura (2001).

NATALIE DUPRÉ: is assistant professor of Italian Literature, Culture and Translation at the KU Leuven Research Unit of Literary Studies.

MARCELLA FILIPPA: Storica, saggista, traduttrice, giornalista pubblicista, vincitrice di premi letterari, ha diretto mostre, realizzato sceneggiature per documentari, coordinato progetti europei, consulente di case editrici, responsabile di collane editoriali sulla storia delle donne e sul pensiero femminile europeo. Ha pubblicato numerosi libri di storia del Novecento.

MANUELE GIANFRANCESCO: è Dottorando in Storia presso il Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo alla Sapienza Università di Roma.

ALBERTO GIORDANO: Professor in the Department of Geography at Texas State University, a former (2018-2019) President of UCGIS, the University Consortium for Geographic Information Science, and department from 2013-2018.

RACHELLE GLOUDEMANS: è dottoranda in letteratura italiana presso la KU Leuven (Belgio). Il suo progetto di dottorato, finanziato dalla Research Foundation – Flanders (FWO), è incentrato sui temi della migrazione, le varie nozioni di “casa” e le memorie e identità transculturali nei testi letterari scritti da autori ebrei, immigrati in Italia a partire dagli anni ’40 del secolo scorso.

INGE LANSLOTS: is associate professor of Italian culture at the Research Unit of Translation studies at Katholieke Universiteit in Leuven (Belgium). At Campus Antwerp, she teaches Italian culture and translation. She is currently the Vice Campus Dean of Research.

MONICA MINIATI e EMMA BOGHEN CONIGLIANI: Monica Miniati ha conseguito il dottorato in Storia all’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Ha insegnato all’Université di Paris XII e all’École des Hautes Études en Sciences Sociales. Nel 2008 ha pubblicato per Viella Le “emancipate”.

TONINO NOCERA: Studioso di ebraismo, ha pubblicato numerosi contributi sulla storia degli ebrei in Calabria.

EMILIA PEATINI: ex maestra, laureata in Storia

 

FILIPPO PETRUCCI: è docente nella Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche dell’Università di Cagliari.

LILIANA PICCIOTTO: è responsabile della Ricerca storica della Fondazione CDEC di Milano.

GABRIELLA ROMANI: is a Professor of Italian at Seton Hall University. She received a Laurea from the University of Rome “La Sapienza” and a Ph.D. in Italian Studies from the University of Pennsylvania. At Seton Hall she also directs the Charles and Joan Alberto Italian Studies Institute and the Summer Study-Abroad Program in Rome.

ASHER SALAH: Professore associato presso il dipartimento di storia e teoria dell’Accademia di belle arti Bezalel e docente all’Università Ebraica di Gerusalemme; è stato Primo Levi Fellow per l’anno accademico 2011-2012 presso il Katz Center for Advanced Judaic Studies a Filadelfia. Specializzato in storia e letteratura degli ebrei in Italia in età moderna, ha pubblicato numerosi saggi e monografie tra cui La République des Lettres: Rabbins, médecins et écrivains juifs en Italie au XVIIIe siècle, Brill, Boston-Leiden 2007, e l’edizione italiana di Samuele Romanelli, Visioni d’Oriente: itinerari di un ebreo italiano nel Marocco del Settecento, Giuntina, Firenze 2006. Scrive di cinema ebraico e israeliano e ha tradotto diversi testi di narrativa e saggistica israeliana tra cui alcune opere di A. B. Yehoshua.

PIA SETTIMI: Studiosa indipendente. Ha pubblicato numerosi saggi sulle donne ebree in età moderna in Italia.

MICHAEL SHERBERG: is associate professor of Italian at Washington University in St. Louis. He lives in St. Louis.

SANDRA TERRACINA e AMBRA TEDESCHI: Studiose indipendenti, hanno lavorato per decenni nel management dell’Istituto Pitigliani di Roma.

Dott.ssa Silvia Haia Antonucci, Responsabile della funzione archivistica di conservazione presso l’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma (ASCER) “Giancarlo Spizzichino”

Recapiti: largo Stefano Gaj Tachè (Sinagoga), 00186 Roma, Tel. +39 0668400663, Fax +39 0668400664,
email: archivio.storico@romaebraica.it, sito web: https://www.romaebraica.it/dibac#archivio-storico, Fb: https://www.facebook.com/TourArchivioStorico/, Instagram: https://www.instagram.com/archiviostorico.cer/
Orario: da lunedì a giovedì 8,30-18,00; venerdì e domenica 8,30-12,30; sabato chiuso.
Orario estivo (da giugno ad agosto): da lunedì a giovedì 8,30-17; venerdì, sabato, domenica: chiuso.
Periodi di chiusura annuali: festività nazionali ed ebraiche (cfr. Gazzetta Ufficiale).

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BENEDETTO XVI: UN LEONE DELLA FEDE CONTRO LA DITTATURA DEL RELATIVISMO

BENEDETTO XVI: UN LEONE DELLA FEDE CONTRO LA DITTATURA DEL RELATIVISMO

di Testimonium Veritati

Benedetto XVI è senza dubbio un vero Padre e un Dottore della Fede del nostro tempo, letteralmente un “leone”. Così lo ha definito don Roberto Regoli.

La figura di Ratzinger difficilmente può essere messa dentro degli schemi, in quanto si tratta di un uomo tanto libero quanto sicuro del suo pensiero teologico. Uno dei teologi più importanti di questa epoca, capace di introdurre nel magistero papale la sua intera visione teologica fatta di anni di studi, ricerche, approfondimenti, conditi da una fede viva e pulsante verso il Signore.

Il valore degli insegnamenti di Ratzinger da scoprire e custodire

Gli insegnamenti di Ratzinger presentano una ricchezza che per molti anni dovrà ancora essere approfondita, studiata, e su cui bisognerà interrogarsi e lasciarsi interrogare. Il suo pensiero infatti è stato capace di toccare diversi ambiti dogmatici, di fede ma soprattutto della vita dei fedeli.

“C’è stata una “sistematizzazione magisteriale” delle questioni teologiche urgenti di quel periodo, tramite encicliche, discorsi e altri testi del pontificato. Benedetto XVI è stato in grado di dare un filo rosso di lettura al cattolicesimo del suo periodo”, ha spiegato don Regoli.

Don Roberto Regoli: “ha presentato la fede in maniera coerente”

“Ha avuto la capacità di presentarlo in una maniera coerente rispetto a tutte le tematiche in gioco, cioè c’era una chiave di interpretazione del cattolicesimo e della modernità insieme, non risposte separate, ma una chiave interpretativa del tutto. È stato un pensiero coerente e coeso che gli ha permesso di affrontare le situazioni molto delicate”

Tuttavia, bisogna purtroppo sottolineare che il suo Pontificato è stato anche raccontato in maniera tristemente semplicistica. Ciò ha fatto sì che, oltre ad inserire il pensiero di Benedetto XVI in categorie materiali e politiche che lo riguardavano ben poco, si è finito per banalizzarne tristemente i contenuti più profondi.

La banalizzazione dell’informazione nei confronti di Benedetto XVI

In Occidente infatti, spiega don Roberto, l’informazione è portata a classificare tutto secondo le categorie mondane e politiche. Lasciando da parte, purtroppo, la dimensione spirituale e religiosa che era la sostanza di ciò a cui puntava Ratzinger. Creando, così, notevoli pregiudizi nei suoi confronti in seno all’opinione pubblica.

Ratzinger, Benedetto XVI, leone della Fede
Gettyimages

Basti pensare al tema del relativismo, che Ratzinger ha profondamente affrontato all’interno del suo pontificato. Imbattendosi però in interlocutori molto differenti tra loro, con i quali è riuscito ad avviare un dialogo sincero, aperto e serrato. In questo modo ha avviato un percorso in cui le varie componenti della società potessero tornare a camminare insieme. In un mondo dove, purtroppo, il pensiero, la riflessione, l’interiorità e la fede sono sempre più distanti dal sentire comune.

L’incontro con le altri fedi, ma solo dal punto di vista culturale

Un approccio “ratzingeriano” che è emerso anche dal suo modo di affrontare il tema del dialogo interreligioso. Per Benedetto XVI, infatti, non era certamente possibile parlare di dialogo teologico, ma c’era bisogno di affrontare il tema dal punto di vista culturale. Se infatti le visioni di Dio sono molto lontane tra loro, il Papa tedesco invitava ad incontrarsi in maniera chiara e sincera sul piano dei valori etici e morali.

Tutti aspetti che lo hanno portato ad essere inserito a pieno titolo nel novero dei grandi padri della Chiesa moderna. Nonostante tutti gli scandali e le difficoltà che ha dovuto affrontare. Come quelli finanziari o legati alla pedofilia.

Benedetto XVI

La questione finanziaria su cui Benedetto XVI diede una svolta

Sul primo punto, Benedetto XVI, avendo ereditato una situazione già complessa, prese alcuni importanti provvedimenti. In primo piano, cambiò gli uomini che gestivano le questioni finanziarie in Vaticano e inserì persone di sua piena fiducia. Nel 2009 rinnovò il Consiglio di sovrintendenza dello IOR ed emanò una legge per lo Stato della Città del Vaticano in cui si dava vita alla prevenzione e al contrasto della corruzione.

Da lì venne costituita l’AIF, l’Autorità di informazione finanziaria, creata con lo scopo di far entrare lo IOR nella White List di Moneyval. Una lista che fornisce indicazioni su quali siano gli Stati affidabili dal punto di vista della legalità finanziaria.

La piaga della pedofilia: Ratzinger ci mise la faccia

Dal punto di vista della pedofilia, c’è poi stata una svolta fondamentale nella storia della Chiesa, che è riuscita, dopo decenni di grandi difficoltà, a farsi carico a volto aperto di questa dura piaga. La decisione di Ratzinger è stata quella di accentrare molte competenze internazionali a Roma, per fare sì che si potessero affrontare quelle precise situazioni periferiche in cui c’era forte difficoltà di gestione.

Insomma, Papa Benedetto XVI non ragionava secondo il pensiero politico ma secondo la fede in Cristo, tuttavia si impegnò fortemente dal punto di vista del governo della Chiesa. Facendosi carico di molte responsabilità, anche non imputabili a lui, su cui mise comunque la faccia. Secondo alcuni ha rappresentato “l’attuazione degli insegnamenti di San Giovanni Paolo II”.

La lotta di Benedetto XVI per riportare l’uomo al Signore

In tutto ciò, la rinuncia al Pontificato e la creazione dell’istituto del Papato emerito ha mostrato tutta la sua statura, anche innovatrice e creativa, come risposta alla crisi della fede verso il recupero di quei valori “non negoziabili” da lui indicati come veri e propri problemi dell’Occidente in preda alla dittatura del relativismo.

Insomma, nella lotta all’interno di una società dove la rilevanza sociale e culturale della religione sembra essere sempre più debole, il Pontificato di Ratzinger non è stato segnato da grandi riforme o passaggi eclatanti.

Al contrario, ha guardato alla fede più pura, intima e profonda, e alla vita quotidiana dei fedeli dando importanti linee guida attraverso il suo magistero. Per ricondurre gli uomini verso ciò che più conta per la vita di ciascuno, ovvero l’amicizia con il figlio di Dio, il Signore Gesù Cristo.

Giovanni Bernardi

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Dialogo interreligioso, un’esperienza di Antonio Tirri.

Dialogo interreligioso, un’esperienza di Antonio Tirri.

L’ignoranza, l’arroganza e l’estremismo sono ostacoli insormontabili per un sereno dialogo interreligioso, e la prova l’ho avuta durante una conversazione con un conoscente cattolico osservante.

Si parlava dei feroci crimini commessi dalla Chiesa Cattolica, si parlava dell’Inquisizione, dei roghi, delle stragi di innocenti, delle crociate e degli eccidi commessi in nome di D-o. E il cattolico osservante del Vangelo si esprimeva così: “Ma la Chiesa ha chiesto perdono!”  Al che gli ho fatto osservare: “È troppo facile chiedere perdono, dopo”. E lui: “Ma cosa ne sa del perdono, l’ebraismo!”

Quel cattolico osservante certamente ignora che il cristianesimo/cattolicesimo ha le sue radici nell’ebraismo, ignora che Gesù è nato ebreo, è vissuto da ebreo, ha predicato da ebreo ed è morto da ebreo, e non ha fondato nessun’altra religione, come dice lo stesso Gesù in Matteo V, 18-19: “Perché io vi dico in verità che, finché non scompaiano e cielo e terra, non scomparirà della Legge neppure un iota o un apice prima di aver avuto la sua piena effettuazione. Chi dunque violerà uno di questi minimi comandamenti e insegnerà agli uomini a fare lo stesso, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli.” E Giacomo II,10 ripete: “Chi avrà osservato tutta la Legge e avrà mancato in un punto solo, sarà colpevole come se l’avesse violata tutta quanta.”

Gesù e gli apostoli non hanno fatto altro che ripetere Isaia; lo stesso Discorso della Montagna è un discorso esplicitamente ebraico, in quanto le più dolci parole della Torà sono per i poveri, i diseredati, lo straniero, la vedova, l’orfano.

Il precetto dell’amore per il prossimo è di origine ebraica, e i Maestri d’Israele molto prima della nascita del Cristianesimo citavano il passo del Levitico (19,18): “Ama il tuo prossimo come te stesso”, principio fondamentale della dottrina ebraica che riassume l’essenza del giudaismo.

Nella sua predicazione Gesù parlava anche del precetto di perdonare, com’è detto: “Di tutti i vostri peccati nei riguardi dell’Eterno sarete purificati…” (Levitico 16, 30), vale a dire che a Yom Kippùr si espiano soltanto i peccati commessi verso il Signore, se il pentimento è sincero, ma per i peccati commessi verso il prossimo, Yom Kippùr non ha effetto fino a quando non si sia fatta pace con la parte lesa, chiedendo perdono, e la persona a cui si chiede perdono deve perdonare con cuore sincero perché la Torà (in Levitico 19, 18) prescrive: “Non vendicarti e non serbare rancore”. La richiesta di perdono va fatta anche se la persona lesa è stata indennizzata o risarcita per il danno subito.

Il perdono quindi non può essere chiesto a terzi. E qui si entra nel vivo della discussione col cattolico osservante quando dice che la Chiesa ha chiesto perdono per gli eccidi, i roghi, le stragi: a chi? ai morti? A D-o sicuramente no.

Per l’ebraismo, lo spargimento di sangue è un delitto per il quale non c’è perdono, com’è detto: “Caino disse al Signore: il mio peccato è troppo grande per essere dimenticato” (Genesi 4, 13); e a Noè fu detto: “Così pure del vostro sangue, cioè della vostra vita, Io chiederò conto; ne chiederò conto a qualsiasi animale; agli umani, della vita dell’uomo all’uomo suo fratello chiederò conto. Chi versa il sangue dell’uomo avrà il proprio sangue versato dall’uomo, poiché D-o fece l’uomo ad immagine propria” (Genesi 9, 5-6).

Antonio Tirri

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Divieto di vaccinazione obbligatoria: lo dice la Corte di Giustizia Europea!

Divieto di vaccinazione obbligatoria: lo dice la Corte di Giustizia Europea!

La Corte di giustizia europea si è finalmente pronunciata il 27.1.2021 sul divieto delle vaccinazioni forzate.

Tutte le vaccinazioni forzate sono illegali di default. Il Consiglio d’Europa (da non confondere con l’UE), che comprende tutti gli stati europei tranne la Bielorussia, il Kosovo e il Vaticano, che è il padrino della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha deciso il 27.01.2021 nella sua risoluzione 2361/2021, tra le altre cose, che nessuno può essere vaccinato sotto pressione contro la sua volontà.

I 47 stati membri sono chiamati ad annunciare prima della vaccinazione che la vaccinazione non è obbligatoria e che le persone non vaccinate non possono essere discriminate.

La discriminazione in caso di rischi per la salute esistenti o se una “persona” non vuole essere vaccinata è anche esplicitamente vietata. I produttori di vaccini sono obbligati a pubblicare tutte le informazioni sulla sicurezza dei vaccini.

Con questa risoluzione, la più grande organizzazione europea per i diritti umani ha ora stabilito norme e obblighi ed elaborato linee guida di diritto internazionale che devono essere applicate da tutti i 47 stati membri, compresa l’UE come organizzazione.

La discriminazione, per esempio sul posto di lavoro o il divieto di viaggiare per i “non vaccinati”, sono quindi legalmente esclusi.

Dal 27 gennaio, non un solo politico ne ha parlato, e per una buona ragione. Vogliono che la gente dimentichi che non è obbligatorio e si faccia vaccinare “volontariamente”.

Agire contro la risoluzione 2361/2021 è chiaramente un crimine contro l’umanità e un procedimento penale internazionale sarà avviato contro ogni singolo politico, funzionario pubblico, medico e qualsiasi altro agente vicario che cerchi di imporre la “vaccinazione obbligatoria” contro la libera volontà di un essere umano (“persona protetta”). Una nota importante è che i crimini contro l’umanità non hanno un termine di prescrizione.

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AVE MARIA di Trilussa

AVE MARIA di Trilussa

Ave Maria

di Trilussa

Quann’ero regazzino, mamma mia me diceva: ricordate fijolo quanno te senti veramente solo tu prova a recità ’n’Ave Maria! L’anima tua da sola spicca er volo e se solleva come pe’ maggia. Ormai so’ vecchio, er tempo m’è volato, da un pezzo s’è addormita la vecchietta ma quer  consijo non l’ho mai scordato. Come me sento veramente solo… io prego la Madonna  benedetta e l’anima da sola pija er volo!

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“Profezia di San Malachia sui Papi”

“Profezia di San Malachia sui Papi”

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7 Ottobre 1571 LA BATTAGLIA DI LEPANTO…

7 Ottobre 1571 LA BATTAGLIA DI LEPANTO…

La Battaglia di Lepanto è la battaglia navale del 7 ottobre 1571 nel corso della guerra di Cipro, tra le flotte musulmane dell’impero ottomano e quelle cristiane della Lega Santa.

Antefatto

Nel Mediterraneo era rimasta da tempo una partita aperta: quella tra cristiani e musulmani, che si riassumeva nello scontro tra l’Impero ottomano e il Regno di Spagna.

Ambedue erano Stati fondati sul potere assoluto del loro sovrano; avevano dimensioni enormi; infine, potevano contare su un potenziale bellico considerevole, che sostanzialmente si equivaleva.

Alla guerra aperta si mischiava poi la pirateria, fenomeno centrale nella storia dell’epoca. La pirateria musulmana costituiva un pericolo per tutte le rotte e le coste del Mediterraneo ed aveva il suo principale centro ad Algeri. Ma ben diffusa era anche la pirateria cristiana, rivolta non solo contro i musulmani.

La tensione tra il re di Spagna Filippo II e il sultano turco aumentò tuttavia in seguito all’occupazione da parte del successore di Solimano il Magnifico, Selim II (1566-74) dell’isola di Cipro, dominio veneziano situato in una zona strategicamente vitale (1570). Fu allora che il mondo cristiano si scosse e, tra infinite diffidenze e trattative quanto mai complesse, riuscì a trovare una comunione d’intenti.

Decisiva fu la mediazione di papa Pio V (1565-72), che portò alla costituzione di una Lega Santa contro i turchi, comprendente oltre al pontefice, la Spagna, Venezia, Genova, Granducato di Toscana, Savoia, Urbino e Cavalieri di Malta. Fu così armata una grande flotta al comando di Giovanni d’Austria, fratello naturale di Filippo II.

La battaglia di Lepanto

E così il 7 ottobre del 1571, nelle acque di Lepanto (una città greca posta all’imboccatura del golfo di Corinto) si fronteggiarono due grandi flotte (Lega Santa e Turchi) composte da centinaia di navi.

La Lega Santa si presentò con una flotta solida e numerosa. I Veneziani, infatti, avevano investito in tecnologia, innovando il proprio parco di armi da fuoco ma, soprattutto, avevano lavorato alla costruzione di una vera arma segreta: la galeazza, una galea più alta e più lunga di quelle normali e, per questo, praticamente inabbordabile. Su di essa erano sistemati i tradizionali cannoni laterali, ma anche altri quattro cannoni, due a poppa e due a prua, che le permettevano di sparare da qualsiasi posizione.

La battaglia di Lepanto si risolse in una grande disfatta dei turchi, che misero in salvo appena trenta galee e persero circa 35.000 uomini tra morti, feriti e prigionieri. I cristiani liberarono inoltre 15.000 forzati imbarcati come rematori nelle stive turche.

Nella memorabile battaglia di Lepanto, fu preziosa non solo la superiorità cattolica dell’artiglieria e nelle armi da fuoco leggere ma il fatto che la flotta musulmana arrivò allo scontro in cattive condizioni, dopo mesi di estenuanti scorribande nell’Adriatico.

Dalla Letteratura alla Storia

Alla battaglia di Lepanto partecipò Miguel de Cervantes (autore del Don Chisciotte della Mancia), che si imbarcò insieme con il fratello Rodrigo. Nella battaglia Cervantes, nonostante la febbre, combatté con valore, ma ricevette tre colpi di archibugio, due al petto, il terzo alla mano sinistra, di cui perse l’uso.

Le conseguenze della battaglia di Lepanto

La notizia della vittoria della Lega Santa nella battaglia di Lepanto suscitò un’ondata di entusiasmo nei Paesi vincitori e in tutte le terre che confinavano con la potenza turca. Quando la notizia della vittoria giunse in Vaticano, il papa ordinò che tutte le campane di Roma suonassero a festa.

Quali furono le reali conseguenze della battaglia di Lepanto?

La scarsa coesione tra i vincitori impedì alle forze alleate di sfruttare appieno la vittoria per ottenere una supremazia duratura. Dal punto di vista militare i turchi si ripresero prestissimo: ricostruirono la flotta e stipularono una pace separata con Venezia (1575), che si rassegnò alla perdita di Cipro.

Ma dopo Lepanto la presenza dei turchi nel Mediterraneo risultò come offuscata, senza più la brillante aggressività dei secoli precedenti. Essi preferirono spostare il loro interesse su un altro fronte, quello persiano, che li tenne occupati a lungo.

Per il mondo cristiano la battaglia di Lepanto segnò la fine di un incubo, perché mostrò che i turchi potevano essere duramente sconfitti in un grande scontro frontale. Libere da un troppo radicato complesso d’inferiorità, le potenze cattoliche che mantenevano flotte nel mediterraneo ripresero coscienza delle proprie forze e i traffici mediterranei divennero ora, per le navi cristiane, più sicuri di prima.

Nell’affresco del Vasari, alla raffigurazione della battaglia navale fra la Lega Santa e i Turchi si affianca una rappresentazione simbolica della lotta tra il Bene e il Male: in cielo (a sinistra) Cristo impugna la folgore e gli apostoli brandiscono le loro spade contro le forze demoniache (a destra). In basso (a sinistra) la Fede cristiana è incoronata d’alloro per la sua vittoria contro i Turchi.

Fonte: Benedetto XVI/7 Ottobre 2021 alle 8,15

BENEDETTOXVIBLOGWORDPRESS

 

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Dio, Uomini e Diritti Umani

Dio, Uomini e Diritti Umani

Il dottor Zelenko:
”Questa e’ una guerra contro Dio. Ci sono due modi di vedere la vita: o si guarda all’essere umano come fatto a immagine di Dio, ciò significa che la sua vita è sacra; se hai una vita sacra allora hai i diritti umani . E se hai i diritti umani, non sono affari tuoi o miei decidere quante persone dovrebbero esserci sul pianeta o chi dovrebbe vivere o morire.
L’altra visione della vita, l’altro sistema: chiamiamolo il sistema eugenetico di Darwin, ma in realtà risale a molto tempo fa. Ma è il sistema che sostanzialmente dice: chi è al vertice della gerarchia dominante della vita? Quelli con il maggior vantaggio di sopravvivenza. Il che porta inevitabilmente a tre categorie di persone: gli Übermensch (super-umani) , i Mensch (umani) e gli Untermensch (sub-umani).
Se si applica questo 80 anni fa, gli Übermensch (super-umani) erano i nazisti che sostenevano di essere discendenti degli dei ariani; sentivano che era loro prerogativa, loro diritto, decidere chi vive o muore . I mensche (umani) erano gli anglosassoni, gli europei, potevano vivere ed essere schiavi. E l’ Untermenschen (sub-umani), gli ebrei, gli slavi, gli handicappati, gli zingari, i prigionieri politici, questi sarebbero diventati polvere.
Sembra una bella sciocchezza, ma ha ucciso 200 milioni di persone. Ed è esattamente la stessa cosa che sta accadendo in questo momento, tranne che non è antisemita. Oggi è completamente diverso: c’è un gruppo di persone che sentono di essersi evolute a un livello di coscienza superiore e che nella loro nuova intelligenza e nella loro nuova intuizione, permette loro di determinare queste cose. Non credo si siano evoluti. Penso che siano pagani involuti. Penso che lo siano, diventano i mamzer, nella Torah [degli adoratori di Moloch]. Non c’è differenza.”
Il Dr. Vladimir Zelenko, i primi di agosto ha parlato davanti al Beth Din, il tribunale (religioso) rabbinico di Ma’aleh Adumim in Israele.
Nel suo intervento ha parlato della pericolosità dei vaccini, della corruzione farmaceutica , e del fatto che essi siano un’arma biologica genocida. Ha ricordato che questi sono ”legali” mentre l’idrossiclorochina e altri farmaci sicuri e che salvano sono banditi in Israele. Il dr. Zelenko ha curato Trump, Bolsonaro, Rudy Giuliani. Essi hanno un’immensa stima (ricambiata) nei suoi confronti.
Kol hakavod dottore!

 ( Da Anna Gentileschi –Web )

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“La chiesa di Bergoglio brucia”, scrive Riccardi. Ma il problema è l’assenza della Logica, non il verticismo

“La chiesa di Bergoglio brucia”, scrive Riccardi. Ma il problema è l’assenza della Logica, non il verticismo

Tutte le irrazionalità di una neo-Chiesa irriconoscibile.

 “La Chiesa Brucia” è il titolo del recentissimo libro (Laterza) di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di S. Egidio. Se perfino l’alfiere del cattoprogressismo più avanzato si spinge a lanciare un allarme del genere vuol dire che la situazione ha già oltrepassato i livelli di guardia. Dagli scandali connessi alle devianze sessuali a quelli finanziari, dalle chiese vuote al ground zero delle vocazioni, dalla fuga dei giovani alla perdita di credibilità, la Chiesa cattolica – specialmente in Europa – è in caduta libera.

Riccardi parte dall’immagine di Notre Dame in fiamme, che secondo una narrativa istituzionale francese dovrebbe essere andata a fuoco per una sigaretta che avrebbe incendiato travi di quercia  spesse un metro: un po’ come nei serial d’azione americani anni ’80, tipo A-Team MacGyver.  Casualmente, in Francia sono andate a fuoco in due anni 15 chiese cattoliche per incendi dolosi di matrice islamica, ma se lo dice Macron, sarà stata la “sigaretta”.

Nel suo libro, Riccardi individua nel verticismo di Francesco una causa fondamentale di questo sfacelo, ma ci permettiamo di dissentire. Il pugno di ferro col quale Francesco governa è, invece, uno dei pochi elementi grazie al quale si tiene ancora in piedi la “sua” chiesa. Se non ci fosse nemmeno questo ferreo autoritarismo, tutto sarebbe dissolto ormai da tempo.

Il vero problema della Chiesa bergogliana non è – a nostro avviso – nemmeno il modernismo, i frutti del Concilio, il neoarianesimo, la massoneria ecclesiastica… E’ qualcosa di antecedente, primario, che, del resto, genera e annovera tutte le deviazioni citate: è, potremmo dire, la rinuncia, ormai definitiva, alla Logica. Ed essendo il Cristianesimo la religione del Logos, del Verbo di Dio fatto uomo, forse c’è un problema sistemico.

Ma facciamo qualche esempio partendo dalle irrazionalità più macroscopiche. La politica di Francesco sui migranti, ad esempio, dei quali adesso non si parla quasi più, peraltro, visto che ormai i flussi sono finalmente regolari e assicurati, con un Salvini annullato” grazie al bastone di qualche schicchera giudiziaria e alla carota di una mezza baronia nel governo Draghi.

Mentre Giovanni Paolo II e Benedetto XVI citavano il “diritto a non emigrare”, Bergoglio ha parlato per anni dell’opposto, con un’ossessiva frenesia accoglientista che – ovviamente – ha contribuito a incoraggiare i viaggi della speranza, con tutti gli annessi e connessi. La dottrina dell’ordo amoris di S. Agostino, cancellata. QUI Per far cosa, poi? Riempire l’Italia di musulmani, senza peraltro nessuna volontà dichiarata di convertirli: in che modo questo dovrebbe andare a vantaggio del Cattolicesimo? Vi vedete una logica?

Oppure, che senso ha per Bergoglio dichiararsi “personalmente” a favore delle unioni civili, se il secondo dei “peccati che gridano vendetta al cielo” – stando alla dottrina cattolica – è quello contro-natura?  Come se un peccato potesse essere un beneficio per i laici e un danno solo per i cattolici. QUI   Vi pare coerente?

Che significa poi intronizzare in San Pietro l’idolo pagano Pachamama, vetusto, rischiosissimo arnese da inculturazione, quando già dal ‘500 la Vergine di Guadalupe ha soppiantato i culti non cattolici dell’America LatinaQUI

Ancora: dopo aver minimizzato il culto mariano, Francesco cambia le litanie lauretane e fa diventare la Madonna “solacium migrantium”, sollievo dei migranti, i quali, per la stragrande maggioranza, sono  islamici e certo non recitano le litanie mariane. Come se fossero, tra l’altro, costituzionalmente, una pia categoria come gli infermi, le vergini, i martiri… mentre invece sappiamo che un terzo dei reati commessi in Italia proviene dagli stranieri che sono appena il 12% dei residenti sul territorio nazionale  (dati del Viminale) e di certo non sono i turisti giapponesi QUI

Oppure, Bergoglio scrive 350 pagine di enciclica Amoris Laetitia per chiarire la faccenda della comunione ai divorziati, ma nemmeno i cardinali capiscono cosa voglia dire. Quando quattro di questi gli espongono i loro Dubia, lui non risponde.

Poi, la preghiera comune insieme ai capi delle altre religioni: ma se il Cristianesimo è una fede rivelata, che senso ha pregare con le altre religioni, se un cattolico sa per certo (dalla sua ottica) che quegli altri non adorano il vero Dio?   QUI

Da ultimo, Francesco emana un motu proprio, Traditionis custodes, che abolisce però la più antica e sacra delle tradizioni ecclesiastiche, cioè la messa in latino, come se la tradizione dal Concilio Vaticano II (1962) contasse più di una tradizione vecchia di 2000 anni. QUI  Un provvedimento, peraltro, da lui voluto “per evitare divisioni” e che ora ha portato la chiesa al punto dello scisma semidichiarato.

Ma l’Illogica, si vede anche nei piccoli, ma esiziali cambiamenti liturgici. Hanno inserito la rugiada nella II preghiera eucaristica, “Manda o Signore «la rugiada» del tuo spirito a santificare questi doni”: un retaggio del III secolo, quando ancora non esisteva la teologia dello Spirito Santo. Quindi perché oggi inserire una metafora ormai obsoleta della Terza Persona trinitaria quando questa venne dogmatizzata appena un secolo dopo? Anche perché “manda la rugiada del tuo Spirito” non corrisponde a “manda il tuo Spirito”. La rugiada è un “prodotto” dello Spirito, non lo Spirito in prima persona, se l’italiano non è un’opinione. Viceversa, si fa un favore all’anticristianissima Massoneria che condivide la rugiada come importante elementale esoterico. QUI

Tra l’altro, tanti accusano Bergoglio di essere massone, e poi lui ogni momento parla di Fratellanza universale.  Il criterio? QUI

Ricordiamo anche il cambiamento del Padre Nostro con l’inserimento del politicamente corretto “fratelli e sorelle”, quando poi scrive l’enciclica “Fratelli tutti”. E le sorelle allora? O si mettono sempre, oppure con fratelli si intende il genere umano, no?

Poi ci sono gli episodi estemporanei, le iniziative e le dichiarazioni-choc.

Da un lato se la prende con le famiglie cattoliche numerose: “non figliate come conigli” e poi si lamenta dell’inverno demografico dell’Italia. Delle due, l’una.

Non si inginocchia mai davanti al Santissimo, perché gli fanno male le ossa, però poi si inginocchia di fronte a islamici, capi di stato africani fino a baciar loro i piedi.

Nel capitello romanico di Vezelay indica il becchino che porta via il cadavere di Giuda impiccato, come se fosse il Cristo Buon Pastore, in totale contraddizione con la teologia medievale e con quanto affermato da tutti gli storici dell’arte. QUI

Fa fare l’elemosina ai transessuali – con grande visibilità – senza però spingerli (almeno con altrettanta risonanza) alla conversione e al cambiamento di vita, in modo che, dopo il lockdown questi poveretti possano riprendere tranquillamente la loro attività. QUI

Manda l’elemosiniere a riattaccare la corrente in un palazzo okkupato dalla delinquenza e dal malaffare e questo, ovviamente, a Capodanno si rende protagonista di episodi di reati e degrado assoluto.  QUI

Parla con toni affettuosi del “caro nonnino” papa Ratzinger, e poi  gli fa espiantare la vigna prediletta di Castel Gandolfo non appena questi osa contraddirlo. QUI

Continui appelli contro la guerra, per la pace, e poi inserisce un guerriero cornuto con un teschio sulla fronte nel presepe in Piazza San Pietro. QUI

Che senso hanno tutti quei discorsi sulla misericordia e poi far scomunicare senza processo i sacerdoti che osano mettere in dubbio la sua legittimità come pontefice, invece di accoglierli come pecorelle smarrite? QUI

Oppure, come nel recente Angelus, Bergoglio si scaglia contro una visione della fede utilitarista, volta unicamente a chiedere delle grazie, dopo aver, per decenni, propagandato il culto (del tutto inedito) di Maria che scioglie i nodi e di san Giuseppe dormiente, ai quali si chiedono proprio grazie e benefici tramite ritualità paganeggianti – se non addirittura esoteriche. QUI QUI

La Chiesa brucia, dunque, ma non è per il verticismo di Bergoglio, come dice Riccardi, non è per “la sigaretta”. Divampano le fiamme nella Chiesa perché non c’è più la sua ANIMA IGNIFUGA: manca il LOGOS, quella perfetta coerenza interna che ha tenuto in piedi il sistema per 2000 anni QUI.

O meglio, un’altra logica ci può essere, nascosta e anche molto coerente, ma è opposta a quella che ricerca apertamente il bene della Chiesa e la conversione del mondo al Cattolicesimo. E’ la logica del Nuovo ordine mondiale che, peraltro, Bergoglio ha auspicato ormai apertamente in un’intervista del 15 marzo 2021 e che ha ben  prefigurato Flores d’Arcais in un libello del 2021: QUI : distruzione dell’identità cattolica, annichilimento della sua fede bimillenaria in uno pseudoluteranesimo filomassonico, neoariano, esoterico, ecologista, gay-friendly, neomalthusiano asservito ai poteri forti. Una logica ci può essere, sotterranea, ma ha poco a che fare col Dio cattolico. (Del resto, lo stesso Francesco dice che non esiste un Dio cattolico…).

In sintesi abbiamo, oggi, una chiesa dell’A-logos, dell’irragionevolezza, che trova una sua logica coerente, ma inversiva, solo se gli obiettivi sono opposti a quelli che la Chiesa persegue da 2000 anni.

Come mai questo strano rovesciamento?

Sarà mica che Benedetto XVI non ha mai abdicato ed è ancora lui il papa? Sarà forse che papa Ratzinger si tiene ben stretto il munus petrino, con tanto di assistenza esclusiva dello Spirito Santo e che quindi Francesco è un antipapa? QUI

Vescovi, preti, teologi, giuristi, avvocati, docenti universitari, magistrati, latinisti, giornalisti, intellettuali lo affermano, anche pagando di persona, argomentando sotto tutti i punti di vista (canonico, indiziario, teologico) e il bello è che nessuno dal Vaticano li contesta opponendo una disastrosa strategia del “never complain, never explain” (vulgo “muro di gomma”).

E chi tace, a questo punto, acconsente.

 

LiberoQuotidiano – 07 agosto 2021

Tratto dal Blog di Andrea Cianci

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ORA BERGOGLIO CANCELLA RATZINGER (dopo aver abbattuto i pilastri del Pontificato di Giovanni Paolo II)

ORA BERGOGLIO CANCELLA RATZINGER (dopo aver abbattuto i pilastri del Pontificato di Giovanni Paolo II)

Con il Motu proprio “Traditionis custodes”, papa Bergoglio ha spazzato via la liberalizzazione della messa in rito antico di Benedetto XVI che, nel 2007, aveva voluto rispondere alla richiesta di tanti, anche giovani, attirati dall’antica liturgia la quale era stata proibita dopo il Concilio.

Joseph Ratzinger, che pure era un uomo del Concilio Vaticano II, aveva raccontato: “rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che questo fosse del tutto normale”.

Ratzinger sottolineò che “Pio V (dopo il Concilio di Trento) si era limitato a far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli… senza mai contrapporre un messale a un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui però la continuità non veniva mai distrutta… Ora invece” spiegava Ratzinger “la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell’antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano solo essere tragiche… si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì un altro”.

Ratzinger sottolineava che ora “per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo. Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita ‘etsi Deus non daretur’: come se in essa non importasse più se Dio c’è e se ci parla e ci ascolta”.

Quindi Benedetto XVI, con il “Summorum pontificum” del 2007, riparò un errore che non era affatto dovuto al Concilio Vaticano II, infatti la proibizione della liturgia latina contraddiceva la stessa Costituzione conciliare sulla liturgia e anche la Lettera Apostolica “Sacrificium laudis” di Paolo VI come pure la “Veterum sapientia” di Giovanni XXIII.

La cancellazione dell’antico rito era andato di pari passo con la scristianizzazione galoppante del ‘68 e con un drammatico crollo di civiltà.

Nel 2005, alla vigilia dell’elezione al pontificato di Benedetto, lo scrittore Guido Ceronetti, in una lettera aperta al nuovo papa su “Repubblica”, chiede: “che sia tolto il sinistro bavaglio soffocatore della voce latina della messa” e sia possibile celebrarla come quella in volgare “imposta da una riforma liturgica distruttiva”.
Lo scrittore aggiungeva: “Certamente non ignorerete quanto piacque alle autorità comuniste quella riforma conciliare dei riti occidentali; non erano degli stupidi, avevano nella loro bestiale ignoranza del sacro, percepito che si era aperta una falla”.
In effetti il rito latino era il concreto legame universale che univa i cattolici di tutto il pianeta in un’unica Chiesa guidata da Pietro e in un’unica fede.

D’altra parte, già negli anni Sessanta, in difesa dell’antica liturgia attaccata dai cattoprogressisti, si era pronunciata la migliore cultura laica e cattolica, che metteva in guardia dalla grave perdita di bellezza, di cultura e sacralità.

Nel 1966 e nel 1971 uscirono due appelli pubblici in difesa della Messa tradizionale di s. Pio V firmati da personalità come Jorge Luis Borges, Giorgio De Chirico, Elena Croce, W. H. Auden, i registi Bresson e Dreyer, Augusto Del Noce, Julien Green, Jacques Maritain (il filosofo vicino a Paolo VI a cui il Papa consegnò, alla fine del Concilio, il documento agli intellettuali), Eugenio Montale, Cristina Campo, Francois Mauriac, Salvatore Quasimodo, Evelyn Waugh, Maria Zambrano, Elémire Zolla, Gabriel Marcel, Salvador De Madariaga, Gianfranco Contini, Giacomo Devoto, Giovanni Macchia, Massimo Pallottino, Ettore Paratore, Giorgio Bassani, Mario Luzi, Guido Piovene, Andrés Segovia, Harold Acton, Agatha Christie, Graham Greene e tanti altri come il famoso direttore del “Times”, William Rees-Mogg.

La decisione di Benedetto XVI, nel 2007, di recuperare la tradizione ebbe anche il sostegno di altre personalità come René Girard, Vittorio Strada, Franco Zeffirelli e il citato Guido Ceronetti.

Papa Bergoglio ora sostiene di aver azzerato la libertà di rito introdotta da Benedetto XVI perché essa, invece di creare unità del corpo ecclesiale (come volevano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), ha prodotto divisione e “un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la ‘vera Chiesa’”.

Qui c’è anche del vero. In effetti c’è chi ha vissuto “la messa in latino” in modo un po’ settario, sentendosi “la vera Chiesa”. Ma papa Bergoglio confonde l’effetto con la causa.

A provocare il rifiuto (sbagliato) del Concilio in realtà non è il rito antico, ma casomai certe innovazioni “rivoluzionarie” del suo pontificato (che non c’entrano nulla col Concilio) o certi abusi nella liturgia in volgare che papa Bergoglio riconosce, ma su cui non interviene con proibizioni.

La decisione di Francesco, che azzera un pilastro del pontificato di Benedetto XVI, è un doloroso errore che toglie libertà e provocherà nuove divisioni. Il papa fa il grosso regalo ai lefebvriani dell’esclusività del rito antico e di alcuni fedeli. E la Chiesa è sempre più smarrita e confusa in questo tramonto di pontificato.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 17 luglio 2021

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