Dialogo interreligioso, un’esperienza di Antonio Tirri.

Dialogo interreligioso, un’esperienza di Antonio Tirri.

L’ignoranza, l’arroganza e l’estremismo sono ostacoli insormontabili per un sereno dialogo interreligioso, e la prova l’ho avuta durante una conversazione con un conoscente cattolico osservante.

Si parlava dei feroci crimini commessi dalla Chiesa Cattolica, si parlava dell’Inquisizione, dei roghi, delle stragi di innocenti, delle crociate e degli eccidi commessi in nome di D-o. E il cattolico osservante del Vangelo si esprimeva così: “Ma la Chiesa ha chiesto perdono!”  Al che gli ho fatto osservare: “È troppo facile chiedere perdono, dopo”. E lui: “Ma cosa ne sa del perdono, l’ebraismo!”

Quel cattolico osservante certamente ignora che il cristianesimo/cattolicesimo ha le sue radici nell’ebraismo, ignora che Gesù è nato ebreo, è vissuto da ebreo, ha predicato da ebreo ed è morto da ebreo, e non ha fondato nessun’altra religione, come dice lo stesso Gesù in Matteo V, 18-19: “Perché io vi dico in verità che, finché non scompaiano e cielo e terra, non scomparirà della Legge neppure un iota o un apice prima di aver avuto la sua piena effettuazione. Chi dunque violerà uno di questi minimi comandamenti e insegnerà agli uomini a fare lo stesso, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli.” E Giacomo II,10 ripete: “Chi avrà osservato tutta la Legge e avrà mancato in un punto solo, sarà colpevole come se l’avesse violata tutta quanta.”

Gesù e gli apostoli non hanno fatto altro che ripetere Isaia; lo stesso Discorso della Montagna è un discorso esplicitamente ebraico, in quanto le più dolci parole della Torà sono per i poveri, i diseredati, lo straniero, la vedova, l’orfano.

Il precetto dell’amore per il prossimo è di origine ebraica, e i Maestri d’Israele molto prima della nascita del Cristianesimo citavano il passo del Levitico (19,18): “Ama il tuo prossimo come te stesso”, principio fondamentale della dottrina ebraica che riassume l’essenza del giudaismo.

Nella sua predicazione Gesù parlava anche del precetto di perdonare, com’è detto: “Di tutti i vostri peccati nei riguardi dell’Eterno sarete purificati…” (Levitico 16, 30), vale a dire che a Yom Kippùr si espiano soltanto i peccati commessi verso il Signore, se il pentimento è sincero, ma per i peccati commessi verso il prossimo, Yom Kippùr non ha effetto fino a quando non si sia fatta pace con la parte lesa, chiedendo perdono, e la persona a cui si chiede perdono deve perdonare con cuore sincero perché la Torà (in Levitico 19, 18) prescrive: “Non vendicarti e non serbare rancore”. La richiesta di perdono va fatta anche se la persona lesa è stata indennizzata o risarcita per il danno subito.

Il perdono quindi non può essere chiesto a terzi. E qui si entra nel vivo della discussione col cattolico osservante quando dice che la Chiesa ha chiesto perdono per gli eccidi, i roghi, le stragi: a chi? ai morti? A D-o sicuramente no.

Per l’ebraismo, lo spargimento di sangue è un delitto per il quale non c’è perdono, com’è detto: “Caino disse al Signore: il mio peccato è troppo grande per essere dimenticato” (Genesi 4, 13); e a Noè fu detto: “Così pure del vostro sangue, cioè della vostra vita, Io chiederò conto; ne chiederò conto a qualsiasi animale; agli umani, della vita dell’uomo all’uomo suo fratello chiederò conto. Chi versa il sangue dell’uomo avrà il proprio sangue versato dall’uomo, poiché D-o fece l’uomo ad immagine propria” (Genesi 9, 5-6).

Antonio Tirri

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